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memoria #21
Fino a cinque anni fa Alberto o’ Grampied insegnava matematica in una scuola di Spoleto. Oggi fa il cantastorie nelle piazze d'Italia. La sua casa è un camper. “Ho centinaia di amici - la mia grande ricchezza - ovunque, da Santa Maria di Leuca alle Alpi”, dice Alberto al VeLino. Alberto o’ Grampied (nome che gli hanno affibbiato in Francia, dove da ragazzo andava a lavorare saltuariamente) è un artista di strada. Quest'estate ha abbandonato il mezzo a motore e ha affidato i suoi bagagli a Cecio, un asinello che lo ha accompagnato dalla Toscana al basso Lazio. “In un mese e mezzo abbiamo percorso circa 600 chilometri. Per dormire io e Cecio ci fermavamo ovunque ci dessero ospitalità: in genere i contadini ci offrivano un angolo di prato”. Alberto partecipa ai festival oppure improvvisa spettacoli nei posti in cui si trova a passare. “Noi artisti di strada portiamo il sorriso in maniera semplice e intelligente, con battute che sono antiche come il mondo, ma naturali e, cosa più bella, coinvolgiamo il pubblico”. Come tutti gli artisti di strada, vive alla giornata. “Ciò che ci caratterizza è la libertà, che da un lato ci permette di partire per una qualsiasi città del mondo anche domani. Ma dall'altro c'è la precarietà di non avere un lavoro sicuro”. Come Alberto, tante altre persone hanno abbandonato un lavoro tradizionale per dedicarsi al teatro di strada. Lo conferma Alessandro Gigli, da 14 anni direttore artistico di Mercantia, la kermesse del teatro di strada più affermata del nostro paese, che ogni anno si tiene a Certaldo, in Toscana. “C'è chi, prima di dedicarsi a questo mestiere, faceva l'insegnante, chi faceva l'esattore delle tasse”, dice al VeLino Gigli, lui stesso burattinaio e cantastorie. Clown, trampolieri, fachiri, funamboli, giocolieri, mimi: al festival di Certaldo hanno partecipato tra il 17 e il 22 luglio scorso più di cento gruppi di artisti. È una manifestazione nata nel 1988 e che ha fatto di Certaldo la patria del teatro di strada. “All'inizio è stato difficile mettere insieme una decina di gruppi, ma quando abbiamo festeggiato il decennale, nel 1997, siamo arrivati a ospitarne 276”, spiega Gigli. “Dall'anno seguente abbiamo cambiato direzione: una volta promossa l'arte di strada, abbiamo curato la qualità e l'internazionalità: oggi a Certaldo arrivano artisti dall'India, dal Giappone, dal Sud America, insomma da tutto il mondo”. Le piazze del piccolo e suggestivo borgo medioevale si trasformano in palcoscenici aperti: ospitano compagnie che rappresentano pezzi teatrali, ma non rifiutano gli artisti che “vanno a cappello”. “Già”, precisa Gigli, “sono quelli che partecipano senza ricevere il cachet, ma che dopo lo spettacolo ricevono sul piattino le offerte del pubblico. Si trovano nello spazio-off”. L'organizzazione del grande evento estivo costa al comune di Certaldo 800 milioni, che vengono quasi completamente ripagati dal biglietto dei visitatori, quest'anno circa 40 mila. “Non è un festival, è una grande festa”, chiarisce Gigli, “dove si va oltre la divisione dei ruoli. Questo è il grande potere del dell'arte di strada: il coinvolgimento del pubblico. Tutto nel nostro mondo è ravvicinato: in una piazza di 50 metri ci sono 15 punti di spettacolo”. Un genere che deve molto alla commedia dell'arte e alla tradizione del giullare di corte. “È un teatro popolare”, sostiene Gigli, “nell'accezione di non borghese, di comunitario. Ed è antico, antico quanto il mondo”. IL PROBLEMA DEGLI ARTISTI DI STRADA è l'assenza di riconoscimento da parte dello Stato. Per informarli e a tutelarli esiste però, da qualche anno, un sindacato, la Fnas (Federazione nazionale artisti di strada). Tuttavia in Italia ci sono luoghi “liberalizzati”. Tra i comuni capofila c'è San Giovanni in Persiceto, 20 chilometri da Bologna, che da sei anni riunisce un centinaio di artisti di strada (la manifestazione si svolgerà alla fine di questa settimana, dal 21 al 23 settembre). “Il comune ha deliberato l'apertura delle strade agli artisti durante tutto l'anno”, spiega Marco Schiavina, direttore artistico di Arte & Città. “Vale a dire che quelli che sono di passaggio in qualsiasi momento dell'anno, al di fuori di kermesse organizzate, possono fermarsi ed esibirsi senza chiedere il permesso”. In questo modo il centro medioevale di San Giovanni (città che conta 23 mila abitanti) mantiene viva una antica tradizione: “Il nostro paese ha dato i natali al poeta e cantastorie Giulio Cesare Croce, creatore del personaggio di Bertoldo”. Sebbene tanti altri comuni sull'esempio di San Giovanni abbiano proceduto a legalizzare questo tipo di arte, il teatro di strada in Italia è meno diffuso di quello tradizionale. Specialmente rispetto ad altri paesi d'Europa, in testa la Francia, dove si svolge il festival storico di Avignone. “È il posto dove si confrontano le più grosse tradizioni teatrali”, commenta la giornalista dell'Espresso Rita Cirio, critico teatrale. “La Francia è la capitale della libertà di espressione e di esibizione. Spettacoli del genere però, si possono vedere facilmente anche a Edimburgo e a Londra”. Ma il fatto che nella nostra nazione l'arte di strada non sia granché istituzionalizzata non dispiace ai diretti interessati. “Manteniamo una certa freschezza e quando andiamo all'estero tutti si accorgono della nostra genuinità”, dice il direttore di Mercantia. Gli fa eco l'artista Paolo Stratta di Torino, che guida l'associazione Qanet. “Legalizzare il teatro significa snaturarlo”, dice Stratta al VeLino. “È come organizzare una festa a sorpresa e poi dire a tutti ci vediamo domani alle sette”.
Articolo del 2001, qui la fonte
Giorni fa ho fatto un viaggio in treno con il cantastorie Albert'o Grampied, ci siamo incontrati ad un convegno di artisti di strada e lui mi ha accompagnato per un pezzo del ritorno raccontandomi di lui.
Non insegna più in una scuola superiore, adesso insegna matematica in un carcere, che insegnare ai criminali è meno faticoso, criminali che spesso son solo dei disperati, magari con già una laurea, che non sanno come mantenersi, ma stanno lì.
Che bello anche io se avessi potuto prendere una seconda laurea e non si sa mai, sceglierei matematica, mi spiace non averla scelta tempo fa eh, ma scommetto che quando io mi laureai a suo tempo tu non eri nemmeno nata, ma va, sembri grande, ma non così grande, beh io mi son laureato nel luglio dell'81, ah ok, hai vinto tu, ma gli anni te lo porti benissimo, lo so, io vado piano, per un po’ ho provato anche a dorso di un asino, ma è difficile.
Sarebbe meglio vivere lentamente, ma in un mondo che va veloce è difficile e doloroso, ci siam detti.
Come mai ci siamo ridotti così? Chi ci ha allontanato dallo spirito del mondo? Perchè tutte queste differenze tra noi stessi?
E allora prima di salutarmi mi ha consigliato il libro del titolo e lo consiglio a tutti e ognuno ne tragga le conclusioni che vuole. (ve l'ho linkato)
E gli ho detto che spero sinceramente di vederlo di nuovo, magari di nuovo tra gli artisti di strada, un altro raduno e lui mi ha risposto, magari prima inshallah.
Inshallah allora e buona fortuna a tutti.
#lemiememorie#6 maggio 2014#giocoleria#asino#diamond#armi acciaio e malattie#libro#allah#grandpie#incontri#vita#carcere#matematica#viaggi
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Milva la Rossa
https://www.unadonnalgiorno.it/milva/
È stata una delle interpreti più intense della canzone italiana. La sua voce ha suscitato profonde emozioni in intere generazioni.
Milva, cantante, attrice e performer italiana, ha calcato i palcoscenici di tutto il mondo. Conosciuta come ‘la Rossa’ per il colore dei suoi capelli e le sue idee politiche.
Ad oggi detiene il record di artista italiana con il maggior numero di album realizzati in assoluto: 173 tra album, tra registrazioni in studio, live e raccolte di cui 39 per il solo mercato italiano e 126 singoli. Ha pubblicato con successo dischi anche in Francia, Giappone, Corea del Sud, Grecia, Spagna, Russia e Sud America. Ha partecipato 15 volte al Festival di Sanremo.
Nella sua lunga carriera Milva è passata dalla canzone popolare al teatro di Giorgio Strelher, passando per la musica di Franco Battiato, adorata da Astor Piazzolla, ha interpretato le canzoni dei grandi compositori greci, francesi, tedeschi e tanto altro.
È l’unica artista italiana a essere stata: Ufficiale dell’Ordre des arts et des lettres (1995), Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale di Germania (2006), Commendatrice dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (2007) e Cavaliera della Legion d’onore della Repubblica Francese (2009).
Nata con il nome di Maria Ilva Biolcati, in un piccolo paese sul delta del Po, Goro, in provincia di Ferrara, il 17 luglio del 1939, studia canto a Bologna, dove si trasferisce nel 1955 con la famiglia; inizialmente si esibisce nei locali notturni con il nome d’arte di Sabrina.
Nel 1959 vince un concorso per voci nuove indetto dalla RAI e, nel 1960, negli ambienti della canzone si comincia a parlare di lei con ammirazione. Debutta al Festival di Sanremo nel 1961 dove arriva terza con la canzone Il mare nel cassetto, brano nel quale ha modo di rivelare le sue eccezionali doti vocali.
Nel 1961 viene segnalata dalla critica discografica come “cantante dell’anno“. Sempre nel 1961 debutta al cinema con il film “La bellezza d’Ippolita“, al fianco di Gina Lollobrigida.
Nel 1962 intraprende la sua prima tournée all’estero. Il successo è tale che viene ospitata all’Olympia di Parigi.
Milva è stata ostentatamente antifascista, ha spesso intonato canzoni di libertà, storie di vita vissuta proletaria e brani tratti dal repertorio folk.
Ha affrontato testi attinti dal patrimonio degli spiritual in stile afroamericano, gospel di spiccata intonazione sociale e religiosa e canzoni di protesta, in cui il testo assumeva un significato preciso di rivendicazione politica e esistenziale.
Nel 1965 inizia a lavorare in teatro col grande Giorgio Strehler, diventando ben presto una delle più accreditate interpreti del repertorio brechtiano e di Kurt Weill, prima di lei, di totale appannaggio delle cantanti tedesche.
Gradualmente, si allontana dal repertorio della musica leggera per immergersi sempre di più nell’esplorazione di partiture di nicchia, legate particolarmente all’esperienza teatrale.
Nel 1967, al Piccolo Teatro di Milano, Milva debutta con il recital Io, Bertolt Brecht, al fianco di Giorgio Strehler, regista e attore, guida e protagonista.
È del 1973, il memorabile allestimento de l’Opera da tre soldi di Brecht in cui Milva è una straordinaria Jenny delle Spelonche, accanto a Domenico Modugno, che indossa i panni di Mackie Messer.
Pur essendo considerata una raffinata interprete, non perde i contatti con il pubblico più vasto e meno elitario della televisione che la osanna a ogni sua apparizione pubblica, mettendo tutti d’accordo.
In seguito, estende ulteriormente il suo repertorio, proiettandosi verso i sentieri, raffinati quanto inesplorati, della grande musica d’autore greca, collabora con prestigiosi poeti internazionali impegnati nella politica e nel sociale.
Riassumere tutte le realizzazioni artistiche di Milva è quasi impossibile, tale e tanto è l’impegno profuso nelle più svariate direzioni, non si possono però omettere le collaborazioni con Peter Brook e con Astor Piazzolla, che la elegge come sua interprete favorita e le dedica l’opera Maria de Buenos Aires. E ancora con Alda Merini, di cui canterà le poesie in un intero album.
Nel 2010, dopo cinquantun anni di carriera, pubblica il terzo album scritto e prodotto per lei da Franco Battiato (dopo Milva e dintorni del 1982 e Svegliando l’amante che dorme del 1989), intitolato Non conosco nessun Patrizio. Il disco arriva subito nella top 20 dei dischi più venduti in Italia e l’artista annuncia il suo ritiro dalle scene per problemi di salute.
Tra l’inverno e la primavera del 2011, malgrado l’annuncio, Milva ritorna in teatro nello spettacolo, già portato in scena dal 2008, La variante di Lüneburg con musiche di Valter Sivilotti. Nel 2018, al Festival di Sanremo, le viene assegnato il Premio alla Carriera, ritirato dalla figlia Martina Corgnati.
Affetta da una malattia neuro degenerativa, si spegne a Milano il 24 aprile 2021, all’età di 81 anni.
È stata un’artista che ha subito tante evoluzioni nella sua vita e carriera, un carattere forte e determinato, si è spesso scontrata contro ciò che non riteneva giusto non risparmiando parole e gesti di dissenso. Una donna volitiva che si è fatta strada in un’epoca in cui non era per niente facile. Considerata spesso una mina vagante, fino all’ultimo giorno ha lottato e si è esposta per ciò in cui credeva, aveva anche postato il momento in cui si era vaccinata contro il covid-19.
Sicuramente ha segnato la storia dello spettacolo e della musica del nostro paese e non solo.
Milva la Rossa ci mancherà!
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Breve premessa: ci ho pensato molto e iniziare un articolo su un blog di viaggi con ‘vi racconto un viaggio…’ mi è parso pretenzioso, così ho prontamente aggiunto anche il riferimento all’amicizia, un valore che ritengo essenziale e importante, anche più dell’amore, qualche volta.
Iniziamo ora…
L’amicizia, in tutte le sue estensioni e le sue declinazioni, quando è vicina e quando è lontana geograficamente, quando è per sempre e anche quando è solo per un po’ di tempo, attraversa le vite di noi tutti – per l’amore romantico non si può dire altrettanto – e ci regala sempre emozioni forti: felicità quando ne nasce una nuova che riesci a coltivare, tristezza quando un rapporto finisce per ‘le cose della vita’, e poi tenerezza, comprensione, unione, risate e anche pianto.
E’ esattamente questo che desidero fare oggi, raccontare la mia più recente esperienza come viaggiatrice, nata grazie ad un’amica e costellata di vera amicizia in ogni sua fase.
Lo scorso febbraio di programmato c’era poco, avevo acquistato un volo andata-ritorno Verona-Cagliari con solo bagaglio a mano, e per tutto il resto mi ero affidata alla mia amica, che da viaggiatrice appassionata e grande conoscitrice della meravigliosa terra dove mi avrebbe condotta, aveva capito che per me sarebbe stata un’esperienza indimenticabile.
La destinazione era la Sardegna, precisamente Càbras, vicino Oristano, sulla costa centro-occidentale dell’Isola italiana che tutto il mondo ci invidia.
Questo lungo weekend in Sardegna con la mia amica Nadia era stato più volte rimandato e anche questa volta è stato a rischio annullamento per un triste evento, la morte di un mio carissimo giovane amico; ma proprio nello spirito di rispetto e di amicizia che nutro per lui, che amava viaggiare almeno quanto me, ho deciso di partire all’indomani dell’ultimo addio al Ciano. Anzi, sai che ti dico Ciano? Dedicherò un articolo sul mio blog ai viaggi ‘on the road‘ che abbiamo fatto insieme, e lo farò con tutto il mio cuore!
Il volo era serale, a Verona faceva freddo – ed era anche giusto lo facesse l’8 di febbraio in una città del nord Italia famosa per il suo clima ‘nordico’ – in aggiunta il traffico intenso per arrivare all’aeroporto e l’ansia dovuta ad una mini-valigia troppo piena e troppo pesante perché potesse passare indenne il controllo, fecero sì che la mia voglia di sbarcare a Cagliari e togliermi il piumino crescesse di minuto in minuto. Ma l’esperienza insegna, sempre insegna, a non fidarsi dei luoghi comuni, e in questa precisa circostanza mi ha insegnato che in Sardegna non fa sempre caldo! Non in pieno inverno almeno, e così giù dalle scalette dell’aereo, appena pestato il suolo sardo, ho chiuso in fretta la zip del piumino e con Nadia e la sua simpaticissima figlia Alessandra ci siamo dirette frettolose e infreddolite verso l’autonoleggio.
La strada statale che collega l’aeroporto di Cagliari ad Oristano è la SS131 – non ci sono autostrade in Sardegna e non si pagano pedaggi – una sorta di tangenziale lineare, scorrevole e veloce: sono circa 100 km e si viaggia attraverso la più vasta pianura sarda, il ‘Campidano‘ o ‘Campidanu’, un’area ricca di vigneti, coltivazioni di grano e anche di riso, vista la fitta presenza di paludi e stagni di quest’area.
Fenicotteri Rosa degli Stagni
Da Oristano a Càbras, la nostra destinazione, sono 5 km di stradine non tenute benissimo ma in quel momento non ho fatto molto caso al suolo stradale, cercavo di orientarmi e di scorgere nella fresca notte sarda il bed&breakfast che ci avrebbe ospitato per le prossime 5 notti. Eccolo il Sa Cottilla, dove Elena ci attendeva a braccia aperte.
Biografia di Elena: sorella di Nadia, nata a Sant’Ambrogio di Valpolicella, terra di vini e di marmi, una vera forza della natura, energia in purezza. Lei si è trasferita a Càbras molti anni fa, con suo marito, e ora che lui non c’è più, ha trasformato la sua casa tipica campidanese in un bed&breakfast con molto stile e carattere e ospita viaggiatori sardi, del ‘continente’ come noi, e stranieri.
L’ulivo nel cortile di Sa Cottilla
Avevo già conosciuto Elena a Verona a Natale, ed era stata subito ‘amicizia a prima vista‘; come mi capita spesso nella vita anche allora avevo immediatamente percepito quel fluido magico che scorre nell’aria tra anime gemelle, stessi pensieri, stesse idee, stesse anche le stupidate per cui ridiamo a crepapelle e così, in modo naturale, avevamo subito iniziato a parlare di uomini, di progetti per il futuro, di viaggi. Perché? Di cos’altro parlate voi con le vostre amiche?
Ma devo soffermarmi su un episodio. Poco prima di rivedere Elena, quella sera, appena scesa dall’auto qualcosa ha travolto i miei sensi ed ha immediatamente acceso un sorriso sulle mie labbra, si trattava di una percezione, che per qualche minuto ha distolto la mia attenzione da tutto il resto, e che poi mi ha accompagnato per tutta la durata del viaggio: il Profumo del Mare. Un profumo forte, penetrante, intenso, che per me, montanara del nord, vuol sempre dire solo una cosa ‘sono in Vacanza!‘.
Noi, le sorelle nordiche ‘mascherate’
Dopo i saluti, quella notte a Càbras, sedute intorno ad un tavolo Elena, Nadia ed io abbiamo ripreso da dove ci eravamo interrotte a Verona, bevendo Vernaccia di Oristano, e chiacchierando per ore come se fossimo state sorelle, ‘sorelle nordiche‘, che non si incontravano da anni: uno dei più bei momenti di tutta la vacanza, che porterò sempre nel cuore e che mi farà sorridere negli anni a venire. Ora è più chiaro perché chiamo questo il ‘viaggio dell’amicizia‘?
Il mattino seguente a colazione ho conosciuto il figlio maggiore di Elena, Jacopo, giovane artista moderno, e poi Annica (non Annìka), la figlia più giovane, intraprendente e intelligente. Ma il sole e la luce che entravano dalla veranda ci inducevano a partire alla scoperta di questi luoghi, nuovi per me, e noi non ci siamo fatte supplicare.
Càbras è un paese piuttosto grande, ma non sembra a prima vista. Il suo centro si divincola in tantissime vie e vicoli come a formare una ragnatela, all’inizio non è facile orientarsi tra file di case molto basse, tipiche case campidane mi hanno spiegato, piazzette, chiese, botteghe e bar. Poi, una volta uscita dal reticolo del centro, è stato tutto più chiaro, finalmente il mare, anzi no, lo Stagno di Càbras. L’avevo visto sulla mappa su Google, e non avevo capito come potesse coesistere uno stagno, posto lì tra una città e il suo mare, mi era sembrato quasi un impedimento. Ma non è così, credetemi, lo stagno di Càbras sta bene lì dov’è, funge da anello di congiungimento ed ha un fascino dal sapore antico: in me ha evocato ricordi d’infanzia, di quando i miei genitori portavano mia sorella e me al mare in campeggio ai Lidi di Comacchio, e ancora di Venezia e della sua laguna, poi mi sono ricordata anche della zona del Circeo, anche lì la presenza di un’area lagunare, bonificata dai veneti nei primi anni ’20, proprio come a Oristano. Ecco, di nuovo, un’altra evidente conferma di un autentico legame remoto tra veneti e sardi, un’amicizia che attraversa i secoli.
La costa del Sinis verso San Giovanni di Sinis
Senza fretta, in auto, abbiamo costeggiato lo stagno, siamo scese verso sud, abbiamo superato un piccolo ponte e affiancato per qualche chilometro un altro stagno, più piccolo, e infine siamo arrivate nel punto più a sud della Penisola del Sinis, dove questa si restringe, diventa un promontorio roccioso dominato dalla Torre di San Giovanni, una striscia di terra, su un lato San Giovanni di Sinis, sull’altro il sito archeologico di Tharros, che sulla punta estrema si allarga di nuovo a formare il Capo San Marco; da una parte il Mare Morto dove si può fare il bagno in compagnia dei delfini, dall’altra il mare aperto, il Mare di Sardegna che guarda verso la Spagna, sulle cui spiagge si passeggia a cavallo e nel cui mare si fa surf sulle onde increspate dal Maestrale.
Questo luogo è di una bellezza incantevole, senza tempo, sarei rimasta lì ore ad osservare i due mari, le sue rovine, la natura espressa in tante forme diverse, ma ci attendeva dell’altro.
La Torre di San Giovanni
Tharros
La vera ragione per cui noi ragazze veronesi eravamo a Càbras in quei giorni era per festeggiare il Carnevale, che in Sardegna, ed in particolare nella città di Oristano e nella sua provincia, si perfeziona in decine di feste paesane dense di riti antichi e medievali, quasi per la totalità imperniati sul mondo dei cavalli, dei cavalieri e delle loro gesta ripetute durante le giostre, le feste, le cerimonie e le parate. In particolare il Carnevale a Oristano ha una sola parola che lo caratterizza: Sartiglia. E noi eravamo a Càbras per l’amicizia e per la Sartiglia.
Per quella sera, mentre a Verona si festeggiava il ‘Venerdì Gnocolar’, la nostra ospite aveva organizzato una ‘festa in maschera’ che era intesa di benvenuto per noi e di buon augurio per l’ospite d’onore, un ragazzo di Càbras, Daniele Ferrari, che per il primo anno, di lì a pochi giorni, avrebbe corso la Sartiglia, il caro Daniele, da noi affettuosamente chiamato ‘il nostro cavaliere‘ era la vera celebrità della serata. E qui torna il tema dell’amicizia, che ha contraddistinto questa vacanza: a quella festa mascherata ho conosciuto tante persone che con il loro affetto e generosità si sono meritate velocemente il titolo di amici, spero di averlo meritato anch’io!
Daniele appunto, che dopo averci prestato le bardature della sua cavalla Maseda per addobbare la sala, ci ha invitato anche a presenziare alla fase della sua vestizione pre-Sartiglia in scuderia la domenica successiva; Anna del b&b Sa Pintadera che per l’occasione (e per l’ubicazione) si era mascherata da ‘Accabadora‘ – per inciso, Michela Murgia, l’acclamata scrittrice di ‘Accabadora’ è originaria di Càbras -; Enrico il viaggiatore, e poi il simpatico Antonio, Alberto che porta fuori i turisti in mare con la sua barca a vela, Anna l’archeologa, Tiziana che si occupa di promozione turistica, gli amici e la fidanzata di Jacopo, e tanti altri.
Le bardature di Maseda, la cavalla di Daniele Ferrari
E la generosità, quella sera tutti mascherati abbiamo ballato sulla musica di De Andrè, abbiamo festeggiato nuovi amici, abbiamo celebrato il legame Veneto-Sardegna, abbiamo mangiato specialità sarde come la fregola, gli gnocchetti sardi, la pasta con la bottarga di muggine di Càbras e abbiamo bevuto vini eccezionali come Vernaccia, Vermentino e Cannonau. Questa è amicizia ed è generosità! Tutto, ripeto, ‘generosamente’ offerto dagli amici, anche da quelli assenti quella sera, come Alessandro dei Vini Contini.
I Vini Contini
Dedicato alla Sartiglia
La festa è continuata fino a notte fonda, e anche questa storia di viaggio e di amicizia continua… ma sul prossimo articolo. Stay tuned!
La Frenki
…to be continued
di Viaggio, di Amici e di Sardegna Breve premessa: ci ho pensato molto e iniziare un articolo su un blog di viaggi con 'vi racconto un viaggio...' mi è parso pretenzioso, così ho prontamente aggiunto anche il riferimento all'amicizia, un valore che ritengo essenziale e importante, anche più dell'amore, qualche volta.
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Praja - Gallipoli (LE) by Musicaeparole, che agosto! 3/8 Dj Antoine, 3/8 Madman, 6/8 Mambolosco, 8/8 Deejay Time, Fred De Palma (...)
Dal 3 al 9 agosto 2020 alla Praja di Gallipoli, super discoteca estiva gestita da Musicaeparole il ritmo è decisamente alto.
3/8 Dj Antoine @ Praja Gallipoli (LE) by Musicaeparole
Il top dj producer svizzero Dj Antoine, una superstar della scena dei fashion club europei e non solo. Dj Antoine infatti è una vera star. In carriera ha venduto oltre un milione e mezzo di album e ricevuto quaranta dischi d'oro e decine di dischi di platino e multiplatino. E' molto legato all'Italia, parla un buon italiano e non per caso ha remixato pure "Laura non c'è" di Nek. Grande performer e non solo dj e produttore, DJ Antoine negli ultimi anni ha proposto veri e propri inni che hanno conquistato i giovani di mezza Europa. I suoi dj set sono performance sorprendenti, in cui salta continuamente e coinvolge il pubblico in uno show che non dà respiro e mette sempre e comunque il sorriso. Da "Welcome To St. Tropez" a "Ma Cherie", da "House Party" a "Bella Vita" e Sky Is The Limi, il suo sound colorato e divertente è perfetto per chiunque abbia voglia di muoversi a tempo.
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4/8 Madman @ Praja Gallipoli (LE) by Musicaeparole - Sottosopra Fest
Martedì 4 agosto alla Praja di Gallipoli (LE) per Sottosopra Fest c'è Madman. Nato a Grottaglie, in provincia di Taranto, ovvero alla Praja gioca quasi in casa. Ha partecipato nel 2006 a"Tecniche Perfette" e da allora la sua carriera è in continua ascesa. Nayt invece è nato a Isernia, ma romano d'adozione e tra gli altri ha collaborato con Coolio, una vera star internazionale.
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5/8 Random, una festa a caso @ Praja Gallipoli (LE) by Musicaeparole
Random è una scatenata festa a caso. Anzi, #unafestaacaso. Il look per entrare? Vestirsi un po' a caso è l'ideale. Solo vestendosi a caso chi partecipa potrà avere in regalo i gadget ufficiali di Random, una festa a caso: t-shirt, occhiali, lecca lecca e tanto altro... E la musica? Ecco come presentano gli organizzatori il loro sound: "pescheremo A Caso tra i più grandi successi di tutti i tempi, spaziando A Caso da un genere all'altro! Ascolta la nostra Playlist Ufficiale: bit.ly/Playlistacaso"
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6/8 Mambolosco, Cristian Marchi @ Praja Gallipoli (LE) by Musicaeparole - Sottosopra Fest
Due diversi artisti sul palco della Praja di Gallipoli il 6 agosto 2020. Il top club gestito da Musicaeparole mette in console Cristian Marchi, super dj italiano al top dai tempi di "Love Sex American Express", un vero punto di riferimento per tutta quanta la scena italiana. E per Sottosopra Fest invece sul palco c'è Mambolosco, artista che si è fatto strada nella scena rap e trap italiana con uno stile "chill" decisamente originale e pieno di influenze statunitensi. Tra i suoi brani di successo spicca "Lento" che su Spotify conta quasi 70 milioni di ascolti.
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7/8 Big Mama con Dj Jad & Wlady @ Praja Gallipoli (LE) by Musicaeparole
Big Mama è un party decisamente scatenato dedicato a chi ama le sonorità black, hip hop, latine e reggaeton. Sul palco ballerine e ballerini, in console dj e vocalist di livello assoluto, sul dancefloor grande energia. Il 7 agosto per Big Mama in console ci sono come special guest due fratelli, ovvero Dj Jad (ex Articolo 31) e Wlady, che nel 2015 ha prodotto una hit assoluta come "Maria Salvador", interpretata da J-Ax. Nel 2020 ha prodotto sempre per J-Ax pure "Fiesta".
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8/8 Deejay Time (Albertino, Fargetta, Molella, Prezioso), Fred De Palma @ Praja Gallipoli (LE) by Musicaeparole
Non è estate senza una performance del Deejay Time alla Praja di Gallpoli. Albertino, Fargetta, Molella e Prezioso, i protagonisti del Deejay Time, lo storico programma radiofonico da sempre collaborano con Musicaeparole, uno degli organizzatori leader in Italia. I party Deejay Time sono feste uniche, in cui godersi ancora una volta capolavori della dance come "The Rhythm of the Night" e "Pump Up the Jam" con l'energia di chi li davvero saputi trasformare in successi indimenticabili. Albertino, Fargetta, Molella e Prezioso portano sul palco dal vivo tutto il coinvolgimento dello show radiofonico italiano pià amato di sempre da giovani e giovanissimi. Deejay Time dal 1992 ai primi anni 2000 ha rivoluzionato la storia della radio italiana e ancora oggi il mito resta vivo e vitale. Ogni evento che metta insieme in console Albertino, Fargetta, Molella e Prezioso è davvero attesissimo, in tutta Italia ed al Sud forse ancora di più. Non per caso il Deejay Time è stato recentemente celebrato con successo anche da 'And the Heads Keep on Moving', docufilm uscito nel novembre 2017 che racconta la reunion dei quattro super dj.
Non è tutto: sabato 8 agosto sul palco della Praja c'è anche Fred De Palma. E' uno dei protagonisti della scena musicale italiana. Dopo aver pubblicato uno dei successi dell'estate 2019 ("Una volta ancora", interpretata con Ana Mena conta oltre 170 milioni di ascolti su Spotify!) il 13 settembre 2019 ha pubblicato l'album "Uebe", mentre la sua canzone per l'estate 2020, "Paloma" è cantata con Anitta.
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9/8 Jimmy Sax @ Praja di Gallipoli (LE) / Musicaeparole /
Il vero nome di questo artista del sassofono è Jim Rolland. Oltre che un grande strumentista, è anche un grande intrattenitore, capace di mettere insieme i generi musicali: improvvisa come pochi a ritmo di house, deep, electro e non solo. La sua versione di "No Man No Cry", il capolavoro di Bob Marley, su YouTube ha totalizzato qualcosa come 70 milioni di visualizzazioni. Si è esibito live con tante star tra cui Earth Wind and Fire, David Guetta, Quincy Jones, Cerrone, Bob Sinclar (...)
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FOTO ARTISTI PRAJA ESTATE 2020 bit.ly/PrajaGuestFoto2020
MEDIA INFO MUSICAEPAROLE http://lorenzotiezzi.it/musicaeparole-club-eventi-festival-puglia-basilicata-tour/
Da vent'anni anni Musicaeparole fa scatenare l'Italia. Durante la scorsa stagione estiva lo staff di questa grande società ha fatto divertire ben 500.000 turisti in ben 250 eventi diversi. Musicaeparole è attiva da sempre soprattutto in Puglia, dove ha dato un contributo importante al turismo giovanile e non solo portando al successo spazi ormai celeberrimi come la Praja di Gallipoli (LE), uno dei più importanti locali estivi italiani o il celebre Clorophilla di Castellaneta Marina (TA). Proprio alla Praja, ad esempio, prende vita Popfest, festival dedicato al pop e sonorità che fanno scatenare: tra i mille dj presenti c'è spesso un certo Bob Sinclar.
INFO PRAJA
Praja - Gallipoli (LE) Lungomare Lido San Giovanni info 348 629 7999 https://www.facebook.com/prajagallipoli/ https://bit.ly/prajagallipoli2020 https://www.instagram.com/prajagallipoli/
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Made In PoP™ > eventi Rock in Veneto dal 19 al 25 Ottobre 2017 > stagione 15
Ciao Made-In-PoPpers, a voi la lista dei concerti e gli eventi per i prossimi sette giorni, c'è un bel po' di carne al fuoco. CHECcO & LoRIS «Sostenete la Musica, Andate ai Concerti» ► evento Made In PoP ◄ Ω SABATO 21 Ottobre Ω ᴥ ARCADIA Csa via Lago di Tovel 18 SCHIO (Vi) evento inaugurale per la one night BEAT OUT! dedicato al rock'n'roll in tutte le sfaccettature, si parte con i live dei giovani e bravi FREEZE, per loro surf/garage, e gli idoli locali DIPLOMATICS, sound garage/punk'n'roll trascinante, un secondo disco che li sta portando in giro per Italia ed Europa uscito per GoDown records / SHYREC. dopo i concerti djset garage/r'n'r/rhythm'n'blues/frat rock/surf/postpunk/wave con CHECcO MERDeZ (Three BlackBirds/Lamette Party/Made In PoP). https://www.facebook.com/events/132592944055668/ ► FESTIVAL ◄ Ɣ YURTA Festival via Roma 70 CADONEGHE (Pd) presso villa Da Ponte fino al 22 Ottobre la YOUR TALENT Fest un laboratorio aperto e collettivo dove sviluppare i propri talenti, workshop, concerti, teatro, videomaking, realtà associative, live di ELLI De DOM e altro, programma qui https://www.facebook.com/events/120094615357452/ ► SETTIMANA ◄ ► GIOVEDÌ 19 Ottobre ᴥ LABORATORIO I'M via Brustolon 3 ABANO Terme (Pd) serata "pesante" in collaborazione con DEESA JOE con i live per GOZU dagli States distorsioni stoner e potenza heavy, a supportoi mitici ROSÀRIO + djset. ᴥ CA'SANA via SS.Fabiano e Sebastiano 13 PADOVA stasera il progetto indie-tronico mantovano FRANK SINUTRE. ᴥ AI DO ARCHI via N.Sauro PADOVA qui in concerto acustico il fantastico cantautore ULISSE SCHIAVO. ᴥ GRIND HOUSE via Longhin 37 PADOVA tappa patavina per il tour europeo degli INFECTED RAIN metalcore dalla Moldavia, in apertura AVVEN. ᴥ CANTINA CENCI vicolo dei Pini TARZO (Tv) performance live per il trio di fiati LINK2 ovvero Luciano CARUSO, Alberto COLLODEL e Ivan PILAT jazz avant-garde. ᴥ POMOPERO via Castelletto 86 BREGANZE (Vi) a presentare il suo primo disco solista, il cantautore milanese Fabrizio POLLIO, già leader dei IO?DRAMA. ᴥ TERZO PONTE via della Ceramica BASSANO del Grappa (Vi) ospite internazionale il parigino SAMY DAUSSANT e la sua band gipsy jazz. ᴥ JACK the RIPPER via Nuova 9 RONCÀ (Vr) la giovane e promettente band rock/funk SLINKY Trio in concerto qui. ᴥ 3 RONDINI agriturismo via Belfiore 47 LEGNAGO (Vr) concerto acustico solitario per GREEN GREEN ARTICHOKES cantautorato folk ► VENERDÌ 20 Ottobre ᴥ RUVIDO Barber Rock Club viale Arcella 3 PADOVA dalle 20:00 punkrock dal barbiere con le brave KILL the MAYOR e i MENTALLY HILL. ᴥ RICKY’s Pub via Commerciale 12 ABBAZIA PISANI Villa del Conte (Pd) sul palco stasera DEAD AFTER WEEKEND scatenato punk'n'roll e il ritorno sulle scene dei BABY RUTH hard'n'roll. ᴥ LA BASE via Da Vinci 124 San MARTINO di Luapri (Pd) serata dalle sonorità seventies con le band VIRTUAL TIME e DRAFT. ᴥ GRIND HOUSE via Longhin 37 PADOVA sonorità metallose per le band SINATRAS e BROTHERS of NO ONE. ᴥ BENICIO Live Gigs via Porcu 63 GIAVERA del Montello (Tv) sound tosto ai Santi Angeli con le storiche band americane TODAY IS THE DAY, capitanata dal visionario Steve Austin, e FASHION WEEK, una cascata noise/metal/grunge/psych, in apertura i locals ORGAN. ᴥ EDEN Cafè via XV Luglio TREVISO arriva dallo Iowa (Us) il cantautore esilarante e ironico CHRISTOPHER the CONQUERED e il suo trio. ᴥ SPAZIO MAVV via del Gelsolino 43 VITTORIO Veneto (Tv) nota speaker radiofonica, sarà qui con la sua band a presentare il nuovo disco ALTERIA. ᴥ MATTOROSSO via Piave 108 MONTEBELLUNA (Tv) ospite di prestigio del panorama funk/rock mondiale, NIKI BUZZ in trio. ᴥ HOME Rock Bar via FOnderia 73 TREVISO fa tappa qui il mini tour europeo della band americana The BOMBPOPS capitanata dalla pin-up Jen Razavi. ᴥ LIGHTHOUSE Pub via Noalese Sud 2 NOALE (Ve) il nuovo progetto di Lou Gopher icona rap questa volta in versione punk/HC con i suoi FAKIRS BAY. ᴥ DA CAPOTA bar al Castello strada Brussa 501 CAORLE (Ve) Oktoberfest in salsa punkrock con i triestini MY SPACE INVADERS e i locals NOT FOR RENT (ex Fuser) ᴥ RIVOLTA Cso via fratelli Bandiera 45 MARGHERA (Ve) Trivel organizza questa gig con TSUBO, MANO ARMATA CONGREGA, MORAL VALUES, ELEPHANTE e soprattutto SLANDER e DISCOMFORT che presentano il risultano del loro challange, registrare una canzone a testa su cassetta e presentarla live tutto in 24 ore. ᴥ La BODEGUITA Cicchetteria via Mazzini 11 DOLO (Ve) ospiti sul palco due band FAYMA post/rock e NIL NIL postpunk/wave. ᴥ CENTRO STABILE di CULTURA via Leogra 4 San VITO di Leguzzano (Vi) sarà qui il progetto M!R!M, capitanato da Jack Milwaukee, a presentare il recente secondo album, in apertura FOLKS! STAY HOME + djset Disorder. ᴥ LUCKY BREWS via Vecchia Ferriera 123 VICENZA relaese party per "Chemical/Physical" primo disco per A FOREST MIGHT BLACK stoner/grunge + djset Emy NightBreeze. ᴥ BOCCIODROMO via Rossi 198 VICENZA questa sera sul palco BOUTIQUES oscuro alt/rock/metal, RED SUNSET RIVERSIDE rock seventies e una terza band da annunciare. ᴥ OKTOBERFEST via Roma SARCEDO (Vi) festa della birra e delle caldarroste al centro parrochiale che verrà riscaldata da quel grande artista che è PHILL REYNOLDS folk blues toryteller. ᴥ IL TRENTA Feelgood bar via XXX Maggio 21 PESCHIERA del Garda (Vr) surf e rock'n'roll scuoti natiche per i divertenti The FAT TONES. ► SABATO 21 Ottobre ᴥ MAME Club via Fra Paolo Sarpi 48 PADOVA inaugurazione stagionale per la serata PARKLIFE che vedrà il live di presentazione disco per gli ottimi HIT-KUNLE tropical rock e aseguire party sfrenato coni djset SOUNDPARK, Ordinary Noise & Caste (Last Nite) secret guest PARO. ᴥ GRIND HOUSE via Longhin 37 PADOVA serata omaggio ai Ramones con esibizione sul palco dei CRAVEN e dei WARDOGS. ᴥ BENICIO Live Gigs via Porcu 63 GIAVERA del Montello (Tv) per la rassegna Ecosteria in Jazz grande ospite internazionale della scena gipsy jazz, il parigino SAMY DAUSSANT e la sua band. ᴥ Osteria TOCCHETTO via Risorgimento 27 MONTEBELLUNA (Tv) concerti punk rock organizzati dal Ribelli Team, suonerannoLINEOUT, GOOFY HEAD e i TESTUGGINE. ᴥ NASTY BOYS via Pellicciaio 4 TREVISO giovani brave ed agistate saranno qui le KILL THE MAYOR punk'n'roll + burlesque show from Berlin. ᴥ DA CAPOTA bar al Castello strada Brussa 501 CAORLE (Ve) Porky's International ospita i grandiosi The PINEHEADS garage/rock dall'Australia per festeggiare al meglio l'oktoberfest, a seguire djset Fiore/TommyGun/Ramone77e. ᴥ CHINASKI Pub via Cadorna STRETTI di Eraclea (Ve) una notte di sguaiato punk'n'roll con le quattro STARS AT NIGHT (Us), in apertura i locals NORMANBATES, in collaborazione con GoDown Records. ᴥ ARG016 Arci Club via delle Industrie 27 MARGHERA (Ve) dalle 19 evento post rock sperimentale "Hear the Change" con ospiti SLEEPMAKESWAVES (Australia) TIDES from NEBULA (Polonia) The PHYSICS HOUSE Band (Uk) VASUVEDA (Us) LOST in KIEV (Francia) VALERIAN SWING (It) The CHASING MONSTER (It) THALOS (It). ᴥ LIGHTHOUSE Pub via Noalese Sud 2 NOALE (Ve) suoni desertici e lisergici per le band TUNDRA e LOS GARADIABOLOS. ᴥ MILES DAVIS Osteria strada Polegge 114 VICENZA showcase acustico per gli eroi locali SMAKO ACUSTICO. ᴥ Circolo MESA via L.Da Vinci 50 MONTECCHIO Maggiore (Vi) suoneranno qui i COLLA supergruppo alt/rock vicentino, a supportarli KAOSKALMO alt/rock/crossover e il duo PROGETTO VIOLENZA. ᴥ Club IL GIARDINO via Cao di Prà 82 LUGAGNANO di Sona (Vr) un pezzo di storia della musica rock italiana, TOLO MARTON e la sua chitarra. ᴥ Bar the BROTHERS via Olimpia GREZZANA (Vr) ospite di prestigio del panorama funk/rock mondiale, NIKI BUZZ in trio. ᴥ Colorificio KROEN via Pacinotti 19 Zai VERONA party Wild Thing con i concerti degli strepitosi belgi JOSY & The Pony VS the Ponymen punk-yeye + l'one/man/band Mr. DEADLY + FogSurfers djset. ► DOMENICA 22 Ottobre ᴥ PUNKY REGGAE Pub via Barbarigo 15 LIEDOLO si San Zenone degli Ezzelini (Tv) dalle 17 aperitivo molto rock'n'roll con le punkers americane STARS AT NIGHT, in apertura ANANDA MIDA (GoDown Records). ᴥ LIGHTHOUSE Pub via Noalese Sud 2 NOALE (Ve) dalle 17:30 aperitivo RocKonnection in acustico con Andrea FOX VOLPATO e i BIG CIGAR. ᴥ CA'SANA via SS.Fabiano e Sebastiano 13 PADOVA aperitivo in musica con il duo gipsy-jazz LUMAKALÈ. ᴥ AL MAJO Osteria via Camerini PIAZZOLA sul Brenta (Pd) apertivo in stile Oktberfest e l'alternative rock dei The MENTI capitanati dal mitico Nocciola. ᴥ GROOVE via Martiri della Libertà (Vi) ospite della domenica acustica sarà la brava Sara Ardizzoni aka DAGGER MOTH. ᴥ AL CASTELLO Ostaria via Rossi A. 15 CHIUPPANO (Vi) questa sera cantautorato con l'ottimo LO STRANO FRUTTO, ovvero Teno già iMELT e MULETA. ᴥ Circolo MESA via L.Da Vinci 50 MONTECCHIO Maggiore (Vi) rassegna "Estemporanea" con il cantautore Lorezo ZABRISKI Valè e con i COQUINE MARKET pop/rock. ᴥ MAMALOCA strada del Pasubio 421 COSTABISSARA (Vi) tappa unica a nordest per i cechi EAGLEHEART, in tour per presentare il nuovo album, in apertura i locals HYPNOTHETICALL. ᴥ MANOLO's HOLE via Coronelli PADOVA domenica sera punk alla casa delle lanterne con l'approdo dei californiani ACRYLICS, con il supporto dei DOMINIO della TECNICA (Treviso Punx). ► LUNEDÌ 23 Ottobre ᴥ IL VIZIO Pub via San Biagio 17 PADOVA questa sera due giovani band HOPE at the BUS STOP alt/rock e i fashion FANCY VICES indie/rock. ► MARTEDÌ 24 Ottobre ᴥ LIGHTHOUSE Pub via Noalese Sud 2 NOALE (Ve) di passaggio in Italia per un piccolo tour, sarà qui stasera DINO JOUBERT (folk/pop/Berlin). ► MERCOLEDÌ 25 Ottobre ᴥ SHERWOOD Open Live vicolo Pontecorvo PADOVA parte una nuova stagione di appuntamenti, sull'onda lunga dell'estate si parla di Jamaica e ospiti saranno i PATOIS Brothers. ᴥ BRASSERIE Beer & Food via Curicchi 12 ADRIA (Ro) energico punk'n'roll per The BOYLERS qui stasera.
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Con la sua “Farfalla del Trentino” ha sbaragliato la concorrenza alla prima edizione della “Strudel Cup”, ma il laboratorio della sua pasticceria “La Perla Nera” sforna quotidianamente ogni genere di golosità. Andiamo a conoscere meglio Fatima Lucchese, autentica artista del gusto.
Una passione che diventa arte
Quarantatreenne, con alle spalle un’importante parentesi di vita in Venezuela, dove ha vissuto dai 12 ai 18 anni, Fatima Lucchese ha saputo affermarsi nella pasticceria nel giro di pochi anni. Il primo approccio con l’arte dolciaria l’ha avuto da bambina, proprio quando viveva in Venezuela e si dilettava nel creare dolci da vendere poi a scuola. Passione poi scivolata in secondo piano e riabbracciata solo nel 2011, quando Fatima, nel frattempo tornata a vivere in Italia, si interessa al mondo del cake design e, in particolare, alla decorazione del croissant. Da lì in poi è stato un crescendo, che l’ha vista frequentare corsi e maturare esperienze, anche all’estero, dove approfondire e affinare la sua tecnica. Fino a coronare il sogno di aprire una pasticceria-caffetteria tutta sua, a Brentonico, piccolo comune della provincia a sud di Trento. Qui si possono acquistare o gustare direttamente torte, croissant, biscotti, cioccolatini e tutte le creazioni dolciarie che Fatima realizza nel suo laboratorio, dove nascono e prendono forma capolavori di ogni genere. Ultimo in ordine di tempo, lo strudel “Farfalla del Trentino”, che le è valso l’affermazione alla prima Strudel Cup.
La regina dello strudel
L’idea di realizzare un campionato italiano dello strudel nasce dall’iniziativa del pluripremiato maestro pasticcere Luigi Biasetto, con la collaborazione dell’Azienda per il Turismo Alpe Cimbra e del locale John Café di Folgaria. Proprio a Folgaria, dal 23 al 26 aprile 2019, ha avuto luogo l’evento, aperto a tutti i pasticceri in attività da almeno cinque anni e residenti in Italia da almeno sette anni. Ogni concorrente era libero di presentare una sua versione di strudel, che rispettasse alcuni precisi vincoli. A partire dall’esclusione di margarine, aromi sintetici, surrogati e semilavorati già pronti per l’impasto. Bandite dunque tutte quelle “scorciatoie” spesso imboccate dai prodotti industriali, per esaltare, invece, l’abilità artigianale e premiare la scelta di ingredienti di qualità. Riguardo gli ingredienti, a parte la presenza tassativa di mele fresche, di qualsiasi varietà, uvetta e una pasta arrotolabile (sfoglia, fillo o frolla che fosse), i partecipanti avevano carta bianca. Libero sfogo all’estro e alla creatività, che ha visto trionfare proprio Fatima Lucchese. Affacciatasi con curiosità all’evento, ne era rimasta quasi intimorita, specie quando ha scoperto la caratura della giuria. Oltre al già citato Biasetto, sono intervenuti, quali giudici della manifestazione, altri grandi maestri della pasticceria italiana, Alfonso Pepe su tutti. “Devo ammettere che ho tentennato nel proseguire, quando ho visto da chi era composta la giuria… mi sono detta: è troppo per me!” – confessa Fatima, con l’umiltà semplice e genuina che la contraddistingue. “Ma ormai ero in ballo e ho cercato di non pensarci troppo e concentrarmi su quello che avevo in mente”. Così è nata l’idea di realizzare un involucro di pasta sfoglia, cui dare esternamente la forma di un tronco, per omaggiare gli splendidi boschi del Trentino-Alto Adige, e di una farcitura a Km 0, con mele, noci e miele di produzione locale, farina del Monte Baldo e una nota alcolica data da vino e grappa sempre trentini. Il tutto impreziosito da una decorazione esterna con mele caramellate, ripiegate in modo da dare l’idea di ali di farfalla, posate su una tavoletta di cioccolata, anche queste lavorata in modo da sembrare legno. Risultato: un’opera in cui la tradizione e l’amore per la propria terra si sono fuse e completate con la fine arte del cake design, di cui Fatima è grande interprete. Una vera e propria opera d’arte, da ammirare, ma soprattutto da gustare. Un’opera che ha saputo conquistare gli occhi critici e i palati esperti della giuria e che ha consacrato Fatima Lucchese “Regina dello Strudel”.
La sfida: crescere nel segno della qualità
La conquista della Strudel Cup è stato un successo inatteso, ma non rappresenta certo un punto d’arrivo. Caso mai lo stimolo a proseguire con ancora maggior energia ed entusiasmo sulla strada dell’affinamento della sua arte. Fatima Lucchese, infatti, non è persona che ama crogiolarsi sugli allori dei riconoscimenti ottenuti. Dopotutto è così, sperimentando, facendo prove su prove, in una spassionata ricerca della perfezione, che è nata la “Farfalla del Trentino”.
E con la stessa passione e cura di ogni dettaglio prendono forma anche tutte le altre creazioni che hanno decretato il successo di Fatima e della sua pasticceria La Perla Nera. Se croissant e piccola pasticceria sono sfizi all’ordine del giorno, altri fiori all’occhiello della sua produzione sono i panettoni e le colombe, per i quali usa solo ingredienti naturali, con predilezione per materie prime locali, come la già citata farina del Monte Baldo. Ma dal laboratorio di Fatima escono anche torte personalizzate per ogni occasione, da quelle più tradizionali a quelle impreziosite dalle decorazioni di cake design. Le richieste crescono, al pari della notorietà. La sfida diventa allora cercar di soddisfarle senza sconti sulla qualità. Cosa non certo facile, ma che non la spaventa. Rappresenta, anzi, un nuovo obiettivo da raggiungere, con l’entusiasmo, la passione e la professionalità di sempre. Quando il livello della sfida si alza, del resto, Fatima Lucchese risponde: presente!
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Fatima Lucchese: lo strudel ha la sua regina Con la sua “Farfalla del Trentino” ha sbaragliato la concorrenza alla prima edizione della “Strudel Cup”
#cake design#Fatima Lucchese#Folgaria#John Cafè#La PErla Nera#pasticceria#roberto caravaggi#strudel#Strudel Cup#Turismo Alpe Cimbra
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PROGRAMMA FERRARA-ROMA Film Corto III edizione Sala Estense, Ferrara; Venerdì 25 gennaio 2019 Ore 15.30- 19.30 Ore 20,30 - 23,30
PROGRAMMA @ FERRARA - ROMA FILM CORTO III edizione Sala Estense, Ferrara Venerdì 25 gennaio 2019
Ore 15.30- 19.30
Sezione Award Winning - MENU’NOIR (15’ ) di Alfredo Mazzara. Cinque donne a cena, intorno ad un piatto di ragù, svelano meschinità, debolezze, rancori - a lungo celati- solitudine. E la menzogna che domina sovente “l’umano agire. - ANNA & BASSAM (10’ ) di Davide Rizzo. Un ragazzo pakistano di nome Bassam trascorre finalmente un pomeriggio con Anna, una ragazza lettonedi cui è innamorato. Lei sembra ricambiarlo, e tuttavia l’attentato parigino al locale Bataclan sembra frantumare nel ragazzo ogni certezza. Sezione Concorso - I WAS (15’,07”) di Gianfranco Boattini. Come nell'opera di Shakespeare le tre streghe predicono al Macbeth che sarà signore di Cawdor e Re diScozia; qui le tre figure femminili, protagoniste velate e camaleontiche nel celarsi, svelano ad un io bambino inconsapevole la possibilità che ogni uomo ha di liberare lo schiavo che si sente libero.
Sezione Percorsi visivi - L’ULTIMA RIMA (19’,45”) di Carlo Fracanzani. Una studentessa straniera decide di venire in Italia per scrivere una tesi di laurea su Byron e Shelley e il loro periodo romantico in questo paese. Dopo le difficoltà iniziali, l’incontro con un ragazzo studente di letteratura come lei sarà, terminerà una significativa svolta. - IL LUPO (19’) di Benjamin Thum. Nelle Alpi sudtirolesi è stato deciso l’abbattimento di un lupo. Fabian accompagna il padre durante la battuta di caccia, nella speranza di migliorare il loro difficile rapporto. Ma gli eventi prenderanno una piega inaspettata
Sezione Nuova Animazione - SIGNAL (1’ - Corea del Sud) di Hwangji Lee. La routine quotidiana, nel vortice di segni e segnali, azioni e (tele)comandi, che hanno finito per sostituirsi a sentimenti ed umanità: specchio di un’evoluzione tecnologica che rischia di tradursi in alienazione.
FUORI RASSEGNA “Omaggio a Folco Quilici” ( 7’40”) Un docu-film sulla giornata dedicata al regista e documentarista ferrarese nel 2018, dalla Ferrara Film Commission, realizzato da Teo Rinaldi, filmaker ferrarese vincitore del Ferrara Film Corto 2018.
Sezione Multimedia art - BIRHPLACE (5’ - Indonesia / Paesi Bassi ) di Silvan Der Woerd & Jorik Dozy. La storia simbolica di un uomo che arriva su una Terra perfetta e trova la sua nemesi sotto forma di inquinamento oceanicoSezione Percorsi visivi - L’INIZIO (5’,41” ) di Piergiorgio S. Due fratelli, un evento drammatico che diventa detonatore di emozione profonde, ma anche catarsi. Perché è solo nell’incontro di “anime” che è possibile alimentare la speranza. - NEL SUO MONDO (10’ ) di Cristian Scardingno. Una bambina di sette anni entra in un bagno pubblico di un aeroporto. Chiusa in un piccolo spazio siaccorgerà che la differenza tra suo mondo e quello degli adulti. E in pochi minuti la sua vita cambierà Sezione Award Winning - IN PRINCIPIO (19’,51”) di Daniele Nicolosi. Un uomo si sveglia in un mondo post apocalittico, nel quale pochi superstiti vagano sulla Terra come ombre inquiete. Nel suo lungo peregrinare, l’uomo incontra un vecchio sopravvissuto, intento a consumare un frugale pasto all’interno di un edificio abbandonato. I due si dividono la magra cena ed iniziano un dialogo dai risvolti sconcertanti… Sezione ConcorsoColosseo d’Argento per la Migliore Sceneggiatura” a Valentina Romanelli - ABSENCE (17’,35”) di Valentina Romanelli. E’ il racconto di un momento nella vita in cui presente e passato si confondono, l’attimo in cui un evento doloroso ma universale permette alla protagonista di riconoscersi in quanto essere umano. Ma sarà il suo sguardo di bambina che annullerà il tempo, attraverso il potere magico di un gesto che cancella ogni male. Sezione Cinema Solidale - REWIND (10’41”) di Luca Molitisanti. Una ragazza si sta dirigendo in teatro per fare un’audizione. Prima di lei si alternano un mimo, una ballerina e un mago, ma è il suo monologo a catturare l’attenzione della regista. Racconta di un ladro, di indifferenza verso il prossimo e d gioco d’azzardo. Ci ritroviamo catapultati nelle scene descritte, poi di nuovo con lei sul palco: nella vita non c’è il tasto “rewind”, non c’è una doppia chance. - SADOCK (3’,30”) di Geraldine Ottier Sadock è il nome di un artista di strada. Da qui, ed attraverso la finestra di un’abitazione che si affaccia sulla piazza dove dà vita alle sue pitture, l’uomo è testimone involontario di un “amore malato”: quello della solare Margherita ed il marito violento. Sarà anche grazie alla sua arte che Sadock troverà il modo di non restare testimone muto Programma - Ore 20.30- 23.30
Sezione Concorso Colosseo d’Oro “Migliore Cortometraggio” - THE ESSENCE OF - EVERYTHING (20’) di Daniele Barbiero. Gea e Lucius si conoscono su un’app d’incontri, soltanto che lei è Vita e lui è Morte. O, meglio, la loro impersonificazione, travestiti in forma umana per adempiere ai loro rispettivi doveri. S’incontrano nella più imbarazzante e disastrosa cena romantica dell’inizio dei tempi.
Sezione Mostre - DIALOGUE SURREALISTE (1’,50”) di Maurizio Ganzaroli Il dialogo tra artisti internazionali ed il maestro Farina che li ha portati in Italia, al Palazzo Diamanti diFerrara. Sezione Award Winning. Vincitore del Premio ETTORE SCOLA per la Sezione Award Winning - GUARDAMI (6’,34”) di Geraldine Hottier. E’ la storia di Giulia Rosa, una bimba di 10 anni che in un tema racconta la sua famiglia, una mamma un po' fuori dal comune e un papà dolce e protettivo. Giulia ci fa entrare nella sua quotidianità, e attraverso i suoi occhi ci rivela quanto la propria famiglia sia la gioia preziosa che un bambino possa desiderare - EYES (13’,24”) di Maria Laura Moraci. Una trovata espressiva degna di nota per porre l’accento sull’indifferenza. Il film è dedicato alla memoria del giovane Niccolò Ciatti, deceduto a Lloret de Mar, a seguito i una rissa con tre ragazzi, davanti agli occhi omertosi di altri coetanei Sezione Award Winning Colosseo d’Argento “Migliore Interpretazione Maschile” a Filippo Scarafia e “Migliore Interpretazione Femminile” a Daphne Scoccia - PRENDITI CURA DI ME (20’) di Mario Vitale. Alice è tormentata da un incubo ricorrente: il trauma, mai rimosso, di una violenza subita. Chiusa in se stessa, la ragazza ha smesso di parlare. Fin quando non incontra Marco: la comune frequentazione di una piccola videoteca e l’amore di entrambi per il cinema degli anni ’80, le doneranno un ritrovata serenità Sezione Multimedia Art - GYEOL (1’,44” - Francia) di Jin Angdoo. Un gioco di fiori e colori, leggi della fisica e effetti sorprendenti. Un’allegoria del reale e l’apparente, il sogno e la visione. Sezione Cinema Solidale. Premio “Cinema Solidale” - MIA (6’,27” ) di Mario Spinocchio. Mia è una donna innamorata incapace di “vedere”, “ascoltare”. Vittima di violenze da parte del compagno. Percossa e segregata, Mia è un'anima da salvare. E la consapevolezza latente che è indispensabile reagire FUORI RASSEGNA - EVENTO SPECIALE - IL PESCE ROSSO DOV'E'(52’,00” ) di Elisabetta Sgarbi. Un mondo di uomini d’acqua che vivono nel Delta del Po, tra fiume e mare. Eredi di una tradizione antica,faticosa, spesso povera, ma gloriosa. Hanno l’orgoglio dell’appartenenza a un mondo instabile, periglioso, soggetto ai fortunali del meteo e della sorte, ma che non cambierebbero con nessun altro luogo. ******************* Al termine della proiezione sarà assegnato il PREMIO AL MIGLIOR CORTO votato dal pubblico.
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Inghiottite dai colori
Sono le donne di TERESA BURGA, oggi in Europa con due rassegne in scala museale. Che riscattano e valorizzano l’avanguardia moderna latino-americana.
Censure, ostracismi e preconcetti hanno penalizzato decenni di avanguardia artistica latino-americana. E la produzione creativa del secondo dopoguerra di Paesi come Cuba, Argentina, Colombia, Cile o Perù, sempre sensibile al corso internazionale degli eventi dell’arte, ma messa purtroppo in ombra da realtà storiche avverse, guerriglie, guerre civili, dittature politiche e culturali, pregiudizi di destra e di sinistra, ha a lungo costituito un fenomeno marginale, incompreso e trascurabile. Un’arte reputata troppo alternativa e sovversiva nei suoi Paesi d’origine e perlopiù snobbata dall’establishment occidentale. Un’arte moderna “terra di nessuno”, ignorata o disdegnata oltreconfine, che appare oggi in gran parte da riscoprire e riscattare. Ha aperto la strada al successo delle nuove generazioni dell’arte sud-americana, alla progressiva conquista di planetaria rilevanza. Costituisce, non a caso, una fonte pressoché inesauribile di sorprese. Correnti, movimenti, manifesti e figure di primo piano, attive dai primi anni Sessanta e assai prolifiche a tutt’oggi come l’ultraottantenne, nativa di Iquitos, Teresa Burga. Riproposta nel 2012 dall’art dealer Barbara Thumm di Berlino, che l’ha inclusa nella sua scuderia e ne tratta adesso l’attività in esclusiva. E protagonista quest’anno di ben due rassegne museali: una recentemente dedicata dallo S.M.A.K. di Gent alla sua produzione concettuale, che includeva installazioni, disegni e oggetti degli anni Settanta. E l’altra, “Teresa Burga. Aleatory Structures”, in corso al Migros Museum für Gegenwartskunst di Zurigo fino al prossimo 12 agosto, che ne ripercorre invece l’opera a tutt’oggi, mettendo in risalto il carattere multimediale e sperimentale della sua produzione a partire dagli anni Sessanta. Con “Arte Nuevo”, infatti, il gruppo istituito dalla peruviana Burga tra 1966 e 1968 insieme con artisti suoi conterranei come Luis Arias Vera, Gloria Gómez-Sánchez, Jaime Dávila, Armando Varela o Luis Zevallos Hetzel, vengono importate e introdotte in patria tendenze internazionali d’avanguardia come Pop art, Op art e happening. Tendenze dell’arte Usa ed europea osteggiate dal governo militare e dalle idee populiste del generale Juan Velasco Alvarado, che le reputa manchevoli di carattere peruviano, limitandone la circolazione nel Paese. Tendenze che tuttavia Teresa Burga, artista donna che ama la ricerca e il confronto con tecniche diverse, non manca d’indagare realizzando opere a due e a tre dimensioni in cui confluiscono tinte vivaci, immagini segnaletiche e geometriche articolazioni di pattern, nonché rimandi alla cultura d’origine, alla storia, alla società e alla condizione femminile. Una condizione rappresentata con figure e corpi stereotipi, donne che diventano cliché di genere, silhouette ben pettinate e imbellettate, inghiottite e annullate dai colori e decori di cornici e piedistalli, architetture e arredi, superfici e oggetti. D’altra parte, gli anni Settanta, Ottanta e Novanta della sua stagione concettuale e post-concettuale si declinano in bianco e nero, con fotografici autoritratti su schede perforate. E si evolvono in modi di sperimentare e spaziare dall’arte alla scienza, e dall’ambiente all’oggetto, alla cyber-installazione, che precorre il tempo con le sue intermittenti mutevoli sagome luminose.
Vogue Italia, luglio 2018, n.815, pag. 52
L'articolo Inghiottite dai colori sembra essere il primo su Vogue.it.
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“Si elevavano al cielo e ne penetravano gli abissi infiniti”. Thomas Merton, il poeta dell’inquietudine
Vorrei tanto gettarmi in un voto. Lasciare il corpo lì, perché sia il voto a divorarlo, con raffinatezza di lince. Invece, c’è chi questo gusto ancora non può assaporarlo, e del voto avverte il veleno – qualcuno, l’altra sera, ha evocato il monastero della Trasfigurazione di Valaam, in Carelia. C’è chi spezza i nodi con la spada e chi, sulle sponde, li ricuce.
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L’avventura di Thomas Merton in Cristo parte dall’arte. Genitori pittori, scuole buone, prima in Occitania, poi a Cambridge, infine alla Columbia, un viaggio illuminante – ma non risolutivo – a Roma. Il profeta di Merton è William Blake, su cui scrive la tesi: “Che cosa fu per me vivere in contatto col genio e la santità di William Blake… come appaiono deboli e isteriche le ispirazioni degli altri romantici a paragone del fuoco spirituale terribilmente vivo di William Blake! Persino il Coleridge, nei rari momenti in cui la sua fantasia attingeva la vetta della vera creazione, rimaneva sempre e soltanto un artista, un poeta immaginoso, non un veggente; un costruttore, non un profeta… A dodici anni già scriveva poesie migliori di quante ne avrebbe scritte Shelley in tutta la vita. E questo probabilmente perché a dodici anni aveva visto Elia, ritto sotto un albero nei prati a sud di Londra”.
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Il rapporto di Merton con il sacro è mediato dai libri, dall’affanno a comprendere. Divora Sant’Agostino, percorre l’Imitazione di Cristo, cerca Aldous Huxley, studia Jacques Maritain. Quando riceve per la prima volta la comunione cattolica, il 16 novembre del 1938, a 23 anni, Merton è imbevuto dalle letture di Gerard Manley Hopkins (“Mi immersi nella sua poesia e nei suoi diari… Cosa facevano i Gesuiti? Che faceva un sacerdote? Come viveva? Non sapevo neppure dove incominciare a cercare cose del genere, ma esse ormai esercitavano su me una misteriosa attrazione”), ha vangato dentro James Joyce (“Continuai a leggere Joyce sempre più affascinato dalle figure dei sacerdoti e dai quadri di vita cattolica che di quanto in quando prendevano rilievo nei suoi libri”). L’inquietudine di Merton – la stessa che lo porterà in Asia, esattamente trent’anni dopo, affascinato dal buddismo, e a morire, tragicamente – è al principio speculativa: vuole possedere Dio, circoscriverlo e azzannarlo. Per questo, probabilmente, ha scritto così tanto.
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Attratto dalla Trappa di Gethsemani, Kentucky, Merton vi entra il 10 dicembre – giorno della morte, dell’altro ingresso – del 1941, pronunciando i voti sei anni dopo. Nel 1949 diventa sacerdote. L’anno prima aveva pubblicato La Montagna delle Sette Balze, libro autobiografico di culto; la bibbia di chi preferisce le vite altrui al cospetto di Dio piuttosto che esercitare la propria, fino a sputtanarla, a raderla al suolo. Il libro – appassionante, sia chiaro, benché viziato da eccesso di eloquio – continua a essere stampato da Garzanti. Merton, però, è primariamente poeta – in quel linguaggio dell’eccedenza s’avverte meglio l’Eccedente. Nel 1944 New Direction, che ha in catalogo i suoi libri maggiori, pubblica Thirty Poems; due anni dopo A Man in the Divided Sea. Pubblicato a lungo, in lungo e in largo, in Italia, ora, editorialmente, Merton pare più che altro un pio saggista animato da vigore ecumenico.
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Le poesie di Thomas Merton, scomparse dagli orizzonti librari, hanno una furia totalmente contemporanea, propria di un Isaia metropolitano, di uno che mescola le visioni di Enoch ai clangori di Pound. In Italia, Merton ha un traduttore d’eccezione, Romeo Lucchese, amico di Ungaretti e già traduttore di Saint-John Perse, che così, in Cablogrammi e profezie (Garzanti, 1972), ne riassume l’indole lirica: “All’origine del mondo spirituale di Merton stanno Villon e Rimbaud; il primo per il suo cattolicesimo amaro, ma umano, umile e pieno di speranza nella redenzione; il secondo per le sue innovazioni universali sul piano del pensiero e dell’espressione… Spesso negli ultimi anni della sua attività il poeta-trappista ha usato forme libere assai efficaci quali gli intarsi di Pound, il continuum di Joyce, la fusione tra passato e presente di Williams, gareggiando per il ritmo e nelle immagini con Dylan Thomas e tenendo presente, nel rappresentare il mondo odierno dominato dalla tecnocrazia, le visioni di William Blake”.
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La poesia di Merton ha tratti da rotolo dei profeti impazzito nella fornace odierna: “I libri sacri vengono confiscati dalla polizia per mantenere gli occhi sotto una cupola cieca. Si studia il famoso testo in tribunale. Le parole sacro conservate in una camera blindata. Conservano i miei romanzi in una scatola di cioccolatini… Gli ultimi libri sotto chiave sono conservati in gelosi Senati della memoria per futuri godimenti in tempi più prosperi. Tenete gli occhi fissi davanti a voi, è sparita la vecchia cupola: una lucida Chiesa calva con un buco in testa un vero pantheon”. Anche quando il poeta salmeggia, l’ossessione è quella: la dissoluzione del sacro. “Preghiamo che gli occhi dei nostri figli/ Possano un giorno leggere ancora/ Gli scritti sacri”.
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Antico il monito di non accettare il creato ma di uncinarlo con i verbi, per accelerare la giustizia. Di Merton sorprende la rapidità epigrafica, la lirica come lapidazione. “Nelle vie sante non vi è mai tanta necessità”; “Nelle vie sacre non vi è mai un comando/ Mai un fardello”; “Il Salvatore fermo attraversa il cielo su una tromba”; “Il segno R del Redentore/ Regala a Marte l’ultima guerra”. Risuona l’interrogativo primordiale: bisogna interpretare la parola o generare parola verminante dal Verbo? I Trappisti, come si sa, si attengono alla pratica del silenzio.
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A volte ci accontentiamo di ‘spiare’ Dio al posto di espiarlo; siamo dei voyeur del sacro più che degli avventurieri. Le poesie di Merton – perché non le ristampano? – non dicono la pace, ma una rettitudine nell’inquieto. “Ciò che vidi mi penetrò come un coltello”, scrive Merton dopo aver scoperto l’esistenza dei Trappisti. “Che meravigliosa felicità esisteva nel mondo! Su questa terra miserabile, rumorosa e crudele, v’erano dunque ancora uomini che assaporavano la gioia stupenda del silenzio e della solitudine, che abitavano in remote celle sui monti, in monasteri appartati, al riparo dalle notizie, dai desideri, dagli appetiti e dai conflitti del mondo. S’erano liberati dal peso della tirannia della carne e i loro occhi limpidi, purificati dal fumo del mondo e dal suo irritante sentore, si elevavano al cielo e ne penetravano gli abissi infiniti, e la luce salutare. Erano poveri, non avevano nulla, e perciò erano liberi e possedevano ogni cosa, e tutto ciò che toccavano emanava una scintilla del fuoco divino”.
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In Emblemi di un’età di violenza (Garzanti, 1971), un poema in prosa, Hagia Sophia, conclude così: “Le ombre cadono. Appaiono le stelle. Gli uccelli cominciano a dormire. La notte abbraccia la metà silenziosa della terra. Un nomade, un misero vagabondo impolverato, trova la sua via lungo una nuova strada. Un Dio senza dimora, perduto nella notte, senza documenti, privo di identità, senza neppure un numero, un fragile esule stremato giace disteso nella desolazione sotto le dolci stelle del mondo e affida Se stesso al sonno”. Certo, la lotta – con anca storpia e scale al contrario – inizia nella gola di Dio; il resto, non è legge ma lettura, letteratura. Vanità. (d.b.)
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Cactus che fiorisce di notte
Io conosco il mio tempo, che è oscuro, silente e breve Perché io sono presente senza avviso per una sola notte. Quando il sole si leva sulle bronzee valli divento serpente.
Benché mostri il mio vero io solo nel buio e a nessuno (Perché io appaio di giorno come serpente) Non appartengo né alla notte né al giorno.
Il sole e la città mai vedono la mia profonda e candida campana Né conoscono il mio immemore momento di vuoto: Non ci è risposta alla mia munificenza.
Quando arrivo io elevo l’improvvisa Eucarestia Alta sull’impenetrabile gioia della terra Chiaro e totale obbedisco al corpo del mondo Io sono complicato e intatto, non manierata ma violenta passione Eccelso profondo piacere di acque essenziali Santità di forma e minerale gaiezza:
Sono l’estrema purezza della casta sete.
Io non mostro la mia verità né la celo La mia innocenza è scoperta oscuramente Soltanto dal dono divino Come una caverna bianca senza spiegazione.
Colui che vede la mia purezza Non osa parlarne. Quando apro una volta per tutte la mia impeccabile campana Nessuno interroga il mio silenzio: L’onnisciente uccello della notte s’invola dalla mia bocca.
Lo avete visto? Benché la mia gaiezza finisca presto Voi vivete per sempre nella sua eco: E non sarete più gli stessi.
Thomas Merton
(traduzione di Romeo Lucchese)
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Eclectic il nuovo album in arrivo di Michael Tembadis
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Eclectic il nuovo album in arrivo di Michael Tembadis
Eclectic il nuovo album in arrivo di Michael Tembadis
Michael Tembadis, è un artista a 360°, di origine pugliese anzi no, la sua origine è cosmopolita.
Una vita ricca di esperienze come musicista, attore e cantautore. Michael si diploma in chitarra classica con il M° Sandro Torlontano, per quanto concerne lo studio del canto attinge da diversi insegnanti come: Elizabeth Sabine, Sheila Jordan, Kate Baker e Gino Vannelli, con il quale incide a Portland (USA) “Il destino di questo amore” brano presente nell’album che verrà pubblicato nel 2020.
Sin dalla tenera età Michael Tembadis mostra un particolare interesse per il mondo dell’arte, in particolare per la realtà musicale, appassionandosi sin da subito a vari generi, alternando british pop con Bee Gees, K.C. & the Sunshine Band, funk con James Brown, soft rock con gli Eagles. Successivamente durante la sua crescita artistica si appassiona a compositori e artisti del calibro mondiale come: Heitor Villa Lobos, Mauro Giuliani, F. Sor, Lee Ritenour, Pat Metheny, Steve Vai, Dave Grusin e tantissimi altri mostri sacri del panorama musicale, con molti dei quali ha tenuto delle master class.
Michael Tembadis si trasferisce per lavoro in varie città del mondo: Brasile, Sud, Nord Africa, Florida e tantissimi altri luoghi dove ha modo di far conoscere la propria musica e dove ha modo di aggiungere diverse influenze derivanti dai vari luoghi da lui esplorati.
Ha lavorato come artista su navi da crociera, Resorts, teatri, orchestre, studi di registrazione compreso emittenti televisive e radiofoniche tra le quali Mediaset, Rai e altre emittenti nazionali ed internazionali come Globo Mirante.
Ha inciso vari dischi durante la sua carriera, come ad esempio: See you Again, 4 Idiomas e Sogni & Variazioni.
Tornato in Italia, Michael Tembadis decide di condividere la sua musica anche attraverso la strada dell’insegnamento, oggi infatti, lo troviamo super impegnato con il lavoro per la Scuola Media e il Liceo Musicale dove insegna.
ECLECTIC è la sua nuova proposta ed uscirà tra pochissimi giorni! Un album Fusion, o meglio dire “Pan-Music”,
Michael Tembadis decide di farla uscire completa della pubblicazione degli spartiti, un viaggio, un intreccio di generi e atmosfere musicali tra classica, blues, qualche nota di funk e improvvisazione ritmica.
L’album contiene 19 Tracks: tutte composizioni per chitarra solista, ad eccezione, di 3 brani cantati in inglese, portoghese e italiano non a caso Eclectic è stato composto e registrato nei vari paesi del mondo in cui ha lavorato, vissuto e viaggiato, specialmente in Brasile, Stati Uniti e Italia…
Che dire? Dopo aver letto il suo cappello d’introduzione, non possiamo che augurarvi un buon ascolto!
youtube
L’articolo Eclectic il nuovo album in arrivo di Michael Tembadis sembra essere il primo su iLiveMusic – App Ufficiale della Musica Live.
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Andrea Pompeo
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Trampolieri Open Circus Puglia
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“Tirana è diventata la città più moderna dei Balcani”. È questo il giudizio del giornale più grande in Olanda, “De Telegraaf”, il quale ha dedicato un lungo articolo alla capitale albanese. Tirana ha nuovamente occupato le pagine dei media internazionali, i quali stanno offrendo un’attenzione importante alla trasformazione che la città ha vissuto sotto la guida del sindaco Erion Veliaj.
Dopo il rinomato giornale britannico “The Guardian” , il prestigioso americano “Lonely Planet” , “Vogue” ecc., “De Telegraaf” scrive che, mentre passeggi per la città ti colpiscono gli edifici colorati e l’atmosfera rilassante dei bar e dei ristoranti alla moda.
Però la parte straordinaria, secondo il giornale olandese, è il rinnovato mercato “Pazari i Ri” .
“Con i suoi pannelli industriali e circondato dai palazzi con colori accesi e motivi tradizionali albanesi, esso è davvero molto bello ed è un punto di incontro per i residenti”, scrive “De Telegraaf“, il quale sottolinea tra le altre cose che “i cittadini apprezzano il loro sindaco perché ha pulito e rinnovato il grande parco a sud di Tirana.”
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L’articolo completo
Il sindaco di Tirana, Erion Veliaj, ci dà il benvenuto alla sua festa nel terrazzo del municipio, come se fosse una star della musica. Circondato dai suoi giovani collaboratori, belli ed entusiasti, egli ci racconta, sotto il ritmo della musica, come hanno trasformato Tirana, lui ed il suo predecessore, Edi Rama. “È diventata la città più moderna dei Balcani“, dice.
È vero che mentre mentre passeggi per la città ti colpiscono gli edifici colorati e l’atmosfera rilassata nei bar e nei ristoranti alla moda. Il panorama che si apre dal terrazzo dell'”Hotel Monark” è molto bello. La strada pedonale “Murat Toptani“, accanto al vecchio castello, dove adesso c’è un hotel per i turisti, ha una serie di bar aperti. Di fronte ad esso si trova un centro commerciale molto moderno.
Però la parte più straordinaria è il mercato rinnovato “Pazari i Ri”. Con i suoi pannelli industriali e circondato dai palazzi con colori accesi e motivi tradizionali albanesi, è veramente molto bello ed un punto di incontro per gli abitanti. I colori in città sono stati da tempo un’idea dell’attuale Primo Ministro, Edi Rama, il quale è artista di formazione.
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Il sindaco Erion Veliaj in effetti ha lavorato egli stesso nel “Pazari i Ri”, vendendo fichi. “Quando mio padre venne a mancare, all’età di dieci anni mia mamma mi mandò in Grecia dai nostri parenti, come un modo per sopravvivere” racconta. “Quando sono tornato ho scoperto che quello che ci avevano portato i nostri cari per consoglianze erano soprattutto fichi secchi, quindi decisi di venderli al mercato.” Egli non avrebbe mai immaginato che un giorno avrebbe ricoperto un ruolo tale da poter portare un cambiamento così grande per la sua città.
Ad aprile è stato premiato dalla Commissione Europea per il suo progetto per assicurare una sistemazione adatta alla comunità rom nella sua città e per istruire i più piccoli.
Il posto è anche conosciuto per il modo pacifico in cui convivono i diversi credi religiosi. Accanto alle moschee, alle chiese cattoliche ed ortodosse, Tirana è anche la casa del Cento Mondiale dell’Ordine sufi dei Bektashi, i quali furono costretti ad allontanarsi dalla Turchia.
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I cittadini lodano il loro sindaco perché ha pulito e rinnovato il grande parco a sud di Tirana. Adesso le famiglie si allietano con le numerose attrazioni intorno al Lago Artificiale, mentre i giovani fanno giri in bicicletta. “Per fare il piano per le bici per la città ho ricevuto molto aiuto dall’Ambasciata Olandese” ci racconta il sindaco, il quale si muove anche egli con la bici quasi ovunque.
“Ho da sempre avuto amici olandesi, per questo sono ispirato dal vostro paese. Muoversi in bicicletta fa bene all’ambiente. Se i giovani iniziano a pensare che girare in bici è alla moda, allora possiamo iniziare a lasciarci alle spalle l’idea che devi per forza avere la macchina. Lavoro molto volentieri con i giovani. Spesso loro sono stati costretti a lavorare per un periodo all’estero per guadagnarsi dei soldi, specialmente in Grecia ed in Italia. Però adesso stanno ritornando con la passione di voler fare qualcosa per il loro paese.”
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The Guardian: turismo d’avventura in Albania
Lonely Planet: Tirana e il Kosovo nelle dieci destinazioni da visitare in Europa
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De Telegraaf: Tirana, la città più moderna nei Balcani "Tirana è diventata la città più moderna dei Balcani". È questo il giudizio del giornale più grande in Olanda, "De Telegraaf",
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E’ uno dei nasi più importanti del mondo ma anche una grande viaggiatrice. Dopo aver firmato fragranze best seller per le più grandi maison Sonia Constant lancia la sua linea, Ella K Parfums, che unisce le sue due passioni. Insieme abbiamo parlato dei viaggi più belli che ha fatto, quelli in programma e di come ha tradotto ogni ricordo in note olfattive, colore degli abiti compreso. Curiosi di saperne di più?
E’ indubbio che ogni luogo ha un odore, ce ne accorgiamo soprattutto durante i viaggi, quando complice il relax siamo più ricettivi. C’è addirittura chi, come lo scrittore Rudyard Kipling, ha dedicato un libro, “I profumi dei viaggi”, agli odori dei viaggi fatti in diversi luoghi della terra. Ed é l’amore per i viaggi che ha spinto Sonia Constant, famoso naso, a creare souvenir olfattivi dei luoghi visitati, che fanno parte della sua linea di profumi, lanciata da poco sul mercato, dal nome Ella K Parfums. Da bambina Sonia passava ore in giardino ad annusare i fiori, ma é stato solo a 16 anni che ha scoperto dell’esistenza dei nasi, e ha deciso che il suo futuro era creare profumi. Studi alla rinomata scuola di profumeria ISPICA di Versailles poi la carriera in Givaudan, storica e famosissima azienda che produce profumi e fragranze, dal secolo scorso, per le grandi maison di profumi e per i brand indipendenti. Sonia, come Senior Perfumer di Givaudan, ha creato profumi per le più grandi maison: Tom Ford, Burberry, Lanvin, Salvatore Ferragamo, Guerlain, Narciso Rodriguez, Valentino ma anche per brand di fragranze artistiche. Curiosa di saperne di più sulle fragranze fragranze Ella K Parfums, in Italia in esclusiva nei Bar-à-Parfum di L’Olfattorio, e sulle mete di viaggio passate e future ho incontrato Sonia Constant. Insieme abbiamo parlato dei viaggi più belli che ha fatto, quelli in programma e di come ha tradotto ogni ricordo in note olfattive, colore degli abiti compreso. Curiosi di saperne di più?
“La prima condizione per capire un paese straniero è sentirne l’odore” diceva Rudyard Kipling. È assolutamente giusto! I cerco di catturare l’odore di un luogo particolare usando la sinestesia, e così facendo ho tradotto non solo l’odore delle zone che ho visitato. Per Poème de Sagano il fruscio del vento attraverso il bambù, il sole che si intavede attraverso, e il loro lento oscillare. Per Brume de Khao-Sok, non c’è solo l’odore del giglio ragno e della gardenia, ma anche la sensazione della nebbia che si alza e i rumori della giungla. Pluie sur Halong non è solo l’odore dei fiori di loto e dell’acqua, ma anche il lento dondolio del mio corpo nella barca, e la luna piena che incombe sull’orizzonte incantato dall’umidità calda e verde. Baiser de Florence non è solo l’odore polveroso di iris, il gusto vanigliato di un pasticcino e l’odore spirituale della chiese di Firenze, ma anche l’odore minerale e il tocco della pietra scolpita e la speciale sensazione di freddo che da il marmo. Lettre de Pushkar non cattura solo il profumo di petali di rose e spezie, ma è anche la sinestesia con i colori dell’arcobaleno dei sari indiani, la sensazione di sole ardente sulla mia pelle e la saturazione dell’atmosfera. Melodi d’Altai è l’odore delle piume d’aquila, ma anche il sentirmi inebriata dall’immensità selvaggia del paesaggio dell’Altai, e la violenza con cui kazaki cacciano, con l’aquila reale, in Mongolia. Epupa Mon Amour è completamente sinestesico, ho voluto ritradurre le radici terrene dell’umanità e la ruvidità del viaggio della terra che scorre, la terra bruciata dal sole, la pelle del popolo Himbas …
Perché ha scelto come nome della sua linea Ella K Parfums? Ella K è un’eroina immaginaria. Ella K, è un tributo a tutte le donne appassionate, audaci ed emancipate, che si sono battute contro i pregiudizi e si sono avventurate nel sconosciuto. ELLA, il nome del marchio, proviene dalla famosa esploratrice Ella Maillart, che era un’atleta sportiva, artista, scrittrice di viaggi e avventuriera. Ma ci sono molte altre donne audaci a cui il marchio fa riferimento: Alexandra David-Neel, una scrittrice buddista, intraprese uno straordinario viaggio a Lhassa negli anni ’20. Amélia Earhart ha fatto la storia dell’aviazione come la prima donna a volare attraverso l’Atlantico negli anni ’30. Karen Blixen, che ha voltato le spalle alla sua educazione e allo stile di vita borghese per dedicarsi alla scrittura dopo le sue epiche avventure africane. Queste donne, e molte altre ancora, hanno avuto un’influenza profonda su Ella K Parfums, conferendo al marchio audacia e gusto per l’avventura. K viene da mio nonno Kucera (Cesmir), eravamo cecoslovacchi e ha viaggiato molto in Africa. Quando ero bambina mi raccontava le avventure dei suoi viaggi in Africa e io ero completamente affascinata. Anche lui probabilmente è stato all’origine della mia combattività, era un uomo molto coraggioso e molto determinato..
Nel cuore di ogni fragranza c’è un ingrediente iconico, simbolo della destinazione, quali sono? Ogni fragranza è un’alchimia precisa ed elegante di pochi ingredienti, una formula che viene scritta e riscritta tutte le volte che è necessario per raggiungere il fine ultimo: purezza, precisione, semplicità e lusso non ostentato. Il cuore di ogni fragranza è un ingrediente iconico, simbolo della destinazione e il ricordo che evoca: Iris per Baiser de Florence, fiori acquatici per Pluie sur Ha Long, giglio ragno per Brumes de Khao-Sok, la rosa per Lettre de Pushkar, pelle per Altai Melodi, vetiver in Epupa mon Amour. In ogni fragranza una tavolozza di ingredienti naturali rari e le migliori molecole sintetiche di qualità che completano l’ingrediente chiave.
Potrebbe descriverci i profumi? Brume de Khao-Sok: Parc National de Khao-Sok nel sud della Thailandia tra Pukhet e Surat-Thani, nel mezzo della regione più umida del paese. Una giungla molto fitta e piovosa con un accesso difficile, dove si potevano sentire le scimmie e tutti i rumori della giungla. All’alba un fantastico paesaggio si rivela sotto la nebbia e di notte le ombre dei pini rivelano uno scenario fantastico. Provo a catturare questo momento effimero. Quando la nebbia si innalza verso i suoni della giungla emette un profumo umido, verde e legnoso, di vetiver e cipresso profumato. Delicato, come un miraggio, si rivela un prato di giglio ragno e gardenia. L’alba appare in una freschezza foreale trasparente.
Pluie sur Halong: Una baia al nord del Vietnam. Posso ricordare il movimento lento di una giunca, imbarcazione tipica del luogo, protetta dalla sua vela che fa oscillare il mio corpo, la sensualità di una pioggia tropicale nella rigogliosa umidità della Baia di Ha Long. L’imbarcazione scivola come sospesa sulla note di fiori d’acqua, loto e ciclamino. La mia mano si muove nell’acqua cristallina con il suo accento vivido di pepe rosa e rabarbaro, in lontananza, vicino alla riva, il monsone si profila all’orizzonte, incarnato con la fragranza verde del neroli, mentre la nota floreale della magnolia sale dalla terra calda, una nuvola di muschio e muschio di quercia avvolge l’orizzonte ….
Poème de Sagano: Nel nord-ovest di Kyoto, scopro il boschetto di bambù di Arashiyama. C’è una strada da est a ovest, delimitata da una foresta di bambù giganti, il delicato fruscio di aria tra i bambù piega delicatamente le cime più alte, dove i raggi del sole scivolano tra alberi. Per ricreare questo respiro del vento e questa esplosione di verde, ho lavorato con un accordo di tè matcha, foglie di shiso cesellate, menta Nanah, foglie di ribes nero, attraversate da un respiro floreale trasparente. Ho tradotto i raggi del sole con un’esplosione esperidata: la luce dello Yuzu, bergamotto Integrale, di qualità senza pari, che comprende tutti gli aspetti del bergamotto, dalla scorza al succo, e una scintilla di pompelmo. Il profumo evapora lentamente lasciando sulla pelle un fondo vibrante e sensuale di legni biondi e muschio.
Baiser de Florence: Nelle grandi gallerie del Museo degli Uffizi, l’odore dell’incenso si confonde con quello del legno intagliato e il materiale della pietra ancestrale si combina con la consistenza e l’odore del cemento freddo. Lì, volevo intagliare l’invisibile. Per questo ho creato un accordo minerale attorno all’ambroxan, incenso e mirra, ma a questo ricordo di elevazione artistica si associa la sensualità di un bacio sulle labbra. Quell’impressione polverosa di muschio vanigliato mescolato con un accordo di eliotropio e iris, per segnare questo momento per sempre.
Lettre de Pushkar: A Pushkar, in Rajasthan, i pellegrini vengono per purificare le loro anime e liberarle dal ciclo di reincarnazioni. Questo luogo leggendario, propizio alla meditazione, è un’oasi di pace ai margini del deserto. Intorno al lago sacro crescono rose i cui petali servono a celebrare il Dio Brahma. Ricordo un sole splendente, che ho trascritto con il calore delle spezie. Zafferano, cannella, noce moscata che si accendono in un fuoco d’ambra color vaniglia. Ho tradotto i colori dei sari con la saturazione di un’essenza di rosa sensualmente mista a legno di oud.
Mélodie d’Altai: Al centro di una potente catena montuosa ai confini del Kazakistan, della Mongolia e della Cina, sulle aride e selvagge vette degli Altai, una popolazione nomade, un popolo orgoglioso, che caccia l’Aquila reale: i kazaki. Volevo creare un profumo di pelliccia, che ricorda l’istinto animale, la pulsione selvaggia, che tutti abbiamo dentro di noi. Zafferano, Stirace e Cuoio: un’appello primitivo a ritornare sulla terra; Patchouli e Vetiver: un piacere carnale liberato da tutti gli ostacoli
Epupa mon amour: Dopo la vastità del deserto del deserto del Namib, i letti ocra di Damaraland e l’incontro del popolo Himba. Namibia, confine dell’Angola, dopo una lunga e tortuosa strada sconnessa e polverosa, la città di Epupa e le cascate di Opuwa sono un vero e proprio paradiso dopo l’aridità del viaggio. È l’Africa che ho scelto di onorare in questa fragranza, il potere di questa terra vergine che si alza come un vapore di polvere sospeso che ho voluto trascrivere qui attraverso il vetiver, legno gaiac, cisto di cemento, balsamo di abete tostato e fava tonka, pepe nero e cumino, spezie calde e potenti che ricordano la bruciante carezza del sole …
Potrebbe menzionarci un aneddoto relativo ad ogni viaggio che ha ispirato ciascun profumo? Per Brume de Khao Sok c’era questa nebbia e non riuscivamo a vedere nulla finché finalmente si é alzata per rivelare il giglio del ragno, splendido e con il suo odore sublime! Per Poème de Sagano la straordinaria melodia del vento che soffia attraverso il bambù. Per Pluie sur Halong, stavamo dormendo sul ponte dell’imbracazione, era molto romantico ma all’improvviso ha iniziato a piovere! Per Baiser de Florence un bacio improvviso. Stavo mangiando un pasticcino e avevo ancora dello zucchero a velo sul mento. Il bacio é arrivato mentre ero nel mezzo della galleria degli uffizi, completamente inaspettato! Per Lettre de Pushkar siamo stati entrambi affascinati dal sorriso di una ragazza adolescente indiana incredibilmente bella. Gli indiani hanno qualcosa negli occhi che non ho trovato altrove! Forse a causa della pratica dello Yoga e della meditazione intensa. Nonostante l’incredibile povertà, ho trovato un’intensa dignità, specialmente le donne che provengono dalle caste più basse. Per Mélodie d’Altai all’inizio volevamo creare un profumo chiamato Baikal Melodi per tradurre il crepitio della neve sotto i nostri piedi. Come nel titolo Aurora della canzone di Björk, ma ci siamo resi conto che per le persone della regione il Baikal è associato all’inquinamento quindi abbiamo dovuto trovare qualcos’altro, un altro titolo e un altro profumo! Per Epupa Mon Amour, stavamo dormendo in tenda in cima alla macchina, in mezzo alla savana, e improvvisamente abbiamo sentito ruggire! Il ruggito del leone femminile era possente. Il maschio era venuto per la leonessa, ma invece di fermarsi con lei è andato e venuto tutto il tempo! Il leone maschio non è molto romantico con la sua femmina. Un’altra notte non abbiamo dormito affatto!
Suo marito Olivier Gagliardi, che è anche il co-fondatore di Ella K Parfums, è un esperto di materie prime. C’è una materia prima che hai amato entrambi, se sì, qual è? A entrambi piace il nuovo Bergamote intégrale di Capua 1880, i più grandi produttori di olio essenziale di bergamotto al mondo, che viene usato in overdose a Poème de Sagano.
Ricorda il suo primo viaggio? Il mio primo viaggio fu a Firenze.
Il viaggio più bello che ha fatto. La Namibia. Amo i paesaggi infiniti, ho davvero avuto la sensazione di essere sulla luna. Avevamo la tenda sul tetto della nostra jeep e il leoni erano intorno a noi durante la notte. Abbiamo anche dormito nella savana in una piccola baracca tra gli alberi, e sentito il pianto della zebra durante tutta la notte. Indimenticabile …
Il posto che sogna di visitare e trasformare in un profumo. Botswana, questo è il nostro prossimo programma di viaggio per agosto, poi le Galapagos, un altro posto che mi piacerebbe catturare in odori!
Il paese che hai visitato più spesso e che più ama. L’Italia, mi sento più italiana che francese, forse a causa delle mie radici italiane da parte di una nonna, e anche perché ho sposato un italiano!
uno dei nasi più importanti del mondo e grande viaggiatrice lancia la sua linea, Ella K Parfums. Sonia Constant ci ha parlato dei viaggi più belli che ha fatto, quelli in programma e di come ha tradotto ogni ricordo in note olfattive, colore degli abiti compreso. E' uno dei nasi più importanti del mondo ma anche una grande viaggiatrice. Dopo aver firmato fragranze best seller per le più grandi maison Sonia Constant lancia la sua linea, Ella K Parfums, che unisce le sue due passioni.
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La Scuola di Cinema Pigrecoemme celebra 18 anni di attività. e propone “Situazione critica”: una serie di incontri sulla critica cinematografica e la promozione culturale della settima arte.
Situazione critica è il tentativo di fare il punto su quale sia, oggi, lo stato della cultura cinematografica e dell’audiovisivo in genere, quale il progetto di diffusione, di divulgazione e di promozione che vi ruota attorno. L’ambizione è quella di indagare se la situazione “della” critica sia effettivamente “critica” o si attraversi un momento di attenzione particolare verso questa disciplina.
Pigrecoemme, la Scuola di cinema punto di riferimento del Centro Sud, per celebrare i suoi diciotto anni di attività ha organizzato una serie di incontri, da maggio a dicembre 2018, sulla critica cinematografica e la promozione culturale della settima arte, che punta proprio sulla centralità del lavoro interpretativo come chiave di lettura dell’inalienabile attualità del discorso cinematografico.
Primo appuntamento il 5 maggio
Si comincia il 5 maggio 2018, alle ore 16,30, presso la sede della scuola, in piazza Portanova 11, con un incontro dal titolo “Il dibattito sì: l’importanza delle rassegne cinematografiche e dei festival nella formazione di un pubblico maturo e critico”.
Interverranno Alberto Lastrucci, direttore del Festival dei Popoli, uno tra i più longevi Festival sul Documentario che si tiene in Italia dal 1959; Antonella Di Nocera, ideatrice e curatrice, con l’Arci Movie, di Venezia a Napoli e co-curatrice di Astradoc; Francesco Napolitano, direttore della Mediateca Santa Sofia del Comune di Napoli, da anni votata alla diffusione e promozione della cultura cinematografica; Anna Masecchia, docente di storia del cinema della Federico II e organizzatrice della rassegna Cinema Mon Amour, nella sala Astra in via Mezzocannone; Giuseppe Colella, coordinatore del Napoli Film Festival; Pietro Pizzimento, della Movies Event, produttore e promotore cinematografico nonché membro del direttivo dell’Associazione Festival italiani di cinema; Michele Salvezza, ideatore e co-fondatore del Kinetta Spazio Labus di Benevento e Angelo La Pietra, irriducibile organizzatore di uno dei più importanti cineforum della Campania per la quantità di pellicole, altrimenti invisibili, presentate al pubblico: Sguardi Ostinati al Magic Vision di Casalnuovo.
Gli ospiti del primo incontro
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Come partecipare all’incontro
L’incontro, fino a esaurimento posti, è a ingresso gratuito. È gradita la prenotazione al numero 081 5635188.
I prossimi incontri
Nei mesi successivi animeranno gli incontri, tra gli altri, lo sceneggiatore Corrado Morra; il direttore di FilmTV Giulio Sangiorgio; Il critico e storico del cinema Valerio Caprara; il giornalista e docente universitario Diego del Pozzo; lo storico del cinema Vincenzo Esposito; Attilio Palmieri, ex allievo di Pigrecoemme e critico per diversi siti e riviste (Best Movie, Segnocinema); Matteo Berardini, direttore della rivista online Point Blank; Marco Compiani, critico e presidente dell’Associazione Culturale Doppio Sogno; la copywriter e critica televisiva/radiofonica Eugenia Fattori e Marina Pierri, collaboratrice del Corriere della Sera, docente e coordinatrice dello IED di Milano.
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Diciotto anni di Pigrecoemme: un po’ di storia
Il 1° maggio 2000 veniva lanciato il sito www.pigrecoemme.com e quella data può essere considerata l’inizio ufficiale di un’avventura – imprenditoriale e culturale – che ha profondamente cambiato il modo di intendere la formazione nel campo audiovisivo e la promozione culturale della cultura cinematografica. Nel corso degli anni, la Pigrecoemme, oltre ad affermarsi come uno dei punti di riferimento della formazione alle arti e ai mestieri del cinema nell’Italia centromeridionale, ha partecipato all’organizzazione di numerose iniziative culturali (la rassegna ‘O Curt’ e I film della mia vita con la Mediateca Santa Sofia del Comune di Napoli, la rassegna di Storia del Cinema Permanente al PAN di Napoli, Il festival del cinema indipendente Open Off), nonché alla coproduzione di opere di prestigio e premiate (Midnight Bingo di Antonio Longo, premiato al NapoliFilmFestival; Un consiglio a Dio di Sandro Dionisio con Vinicio Marchioni, in concorso al 48° Festival di Pesaro; Landscapes of Memory, documentario sull’opera omonima dell’artista Christian Leperino, diretta da Giacomo Fabbrocino e Still in Life, video coprodotto con lo Studio Trisorio, in collezione permanente al Museo Madre).
Moltissimi sono oggi gli ex allievi della Pigrecoemme che lavorano oggi nella produzione cinematografica e televisiva, come autori e come tecnici.
Il noto critico cinematografico e docente Valerio Caprara ha definito Pigrecoemme un presidio di resistenza.
Perché Situazione Critica?
In Elogio della Critica (edito in Italia da Il Saggiatore), il suo autore, Anthony Oliver Scott scrive:
“Cos’è un critico? Chiedendo in giro – o leggendo qualcuna delle mail che mi arrivano – si scoprirebbe che un critico è, prima di tutto, un artista fallito, pronto a riversare rancori antichi e invidioso sdegno su quelli che hanno avuto la fortuna, il talento o la disciplina necessari per avere successo. Questa convinzione è tanto diffusa da rappresentare una sorta di dogma nella credenza popolare”.
A questo pregiudizio, in fondo sempre esistito, si aggiunga che, nell’era social, tutto, ma proprio tutto, si riduce apoditticamente a una dialettica like/dislike che naturalmente impoverisce ancor di più il discorso. Eppure, proprio ora, proprio in quest’epoca in cui sembra che nessuno più abbia voglia di leggere recensioni o analisi approfondite di questo o quel film, l’analisi del linguaggio trova nuovi stimoli, un fermento che pareva sopito. Nascono laboratori di critica militante, nuove generazioni di storici e critici si fanno strada, si sperimentano forme nuove quali i video saggi. E la critica si riappropria anche del suo valore pedagogico, perché innanzi tutto la critica insegna l’esercizio critico. Nessuno dubiterebbe dell’importanza formativa dei testi letterari commentati (come La Divina Commedia o I Promessi Sposi) adottati nelle scuole, mentre si stenta a considerare il testo filmico degno di analisi ermeneutica. Eppure, più spesso di quanto si pensi, registi che poi abbiamo imparato ad amare sono proprio partiti dalla Critica. Non solo gli esponenti della Nouvelle Vague, cresciuti nei Cahiers du Cinema Truffaut, Godard, Rivette, Rohmer, etc.), ma anche, in Italia, Alberto Lattuada, Carlo Lizzani, Davide Ferrario. Peter Bogdanovich in America; O, recentemente, Christophe Gans, per arrivare al caso attualissimo di Kogonada, uno dei maggiori realizzatori di video saggi sul web (ne ha realizzati anche per la celebre rivista Sight & Sound), ora al suo debutto sul grande schermo con Columbus, visto al Sundance 2017.
L’iniziativa della Pigrecoemme, grazie all’esperienza delle personalità coinvolte, intende ragionare sulle nuove forme della critica e sul fondamentale apporto che essa può fornire alla formazione di uno spettatore consapevole, che possa godere del testo cui assiste ben oltre la superficie. Alla crescita, per dirla con Lino Miccichè, di spettatori di profondità rispetto alla massa di spettatori di superficie che sono, frequentemente, l’alibi per un cinema di superficie.
Per informazioni:
Email: [email protected] Telefono: 0815635188
Situazione critica: il primo appuntamento è il 5 maggio La Scuola di Cinema Pigrecoemme celebra 18 anni di attività. e propone “Situazione critica”: una serie di incontri sulla critica cinematografica e la promozione culturale della settima arte.
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Il prigioniero delle Orcadi
Viste dalla cima delle scogliere nere di John O’Groats, le Orcadi sembrano balene distese su un mare irreale che alla luce del sole di mezzanotte diventa d’avorio. Oltre l’estremo nord della penisola britannica, un finis terrae che le pecore dividono con gli uccelli marini, il vento freddo spazza in tutte le stagioni, dall’Atlantico e dal mare del Nord, l’anello degli antichissimi menhir di Brodgar, le case dei pescatori di Kirkwall e di Stromness, gli scheletri delle navi della flotta tedesca semiaffondati nella baia di Scapa Flow; e la chiesetta degli italiani.
E’ una tappa obbligata per i turisti che in luglio e agosto arrivano alle isole, non c’è depliant che non ricordi come nel 1943 i prigionieri di guerra, reclusi su una delle isole più piccole, Lamb Hoim, abbiano edificato un capannone di lamiera per riunirsi a pregare; la mano di un artista ha poi riempito l’interno di affreschi dai colori tenui, e altre mani hanno abbellito con cura paziente la cappella, fino a trasformarla in una bomboniera che gli orcadiani mostrano con orgoglio.
Erano prigionieri italiani, un migliaio circa, catturati in Nord Africa ai primi rombi di cannone. Churchill li aveva voluti alle Orcadi. Dovevano costruire quattro grandi barriere, “una cintura di strade per collegare cinque isole, così gli abitanti non dovranno più prendere scomodi traghetti” dissero agli ufficiali italiani. Era una bugia. Le barriere, che oggi sono veramente strade, erano una formidabile difesa contro i temutissimi sommergibili tedeschi. Bruciava ancora il ricordo del blitz dell’U-boat 47, penetrato temerariamente nell’ottobre del 1939 nella base navale di ScapaFlow: quattro siluri a segno, ottocentotrentatre i marinai britannici morti. Tre anni di lavoro dal ’42 al ‘44, e le “Churchill barriers” furono portate a termine mentre l’astro nazista declinava.
Di ricordi di guerra le Orcadi sono piene quasi quanto di resti archeologici di eccezionale bellezza. Gli italian prisoners fanno. ormai parte della storia di queste terre. Sui tre anni di forzata convivenza coi nemici “piccoli, scuri e scottati dal sole” è stato scritto un libro, e in un museo nel capoluogo sono conservati i manufatti del campo di prigionia. «Sbarcarono una mattina di gennaio - si legge in un capitoIo - in una lunga fila sul molo. Avevano vestiti leggeri, e sembravano soffrire molto il freddo; ma iniziarono a marciare intonando canti militari e urlando a gran voce. E noi eravamo contenti che fossero ben sorvegliati».
Di tanto in tanto dei ricordi di guerra si occupa anche “The Orcadian”, giornale locale che dal 1854 racconta, due volte la settimana, i fatti piccoli e grandi dell’arcipelago. “Cinquanta anni dopo: emozione per il ritorno dei prigionieri di guerra” è il titolo che apre la prima pagina dell’undici giugno, con foto di un gruppo di anziani sorridenti davanti alla chiesetta. Sono tornati, dunque, in otto; ad attenderli c’era la banda con le cornamuse, e un comitato di ricevimento con il console italiano, il sindaco, le autorità. Si sono fermati una settimana, visitando i luoghi dove avevano speso tre anni, lunghi come solo ,quelli “intorno a vent’anni” sanno esserlo, e resi interminabili dalla prigionia. Il cronista locale racconta i momenti di festa di questa sentimental journey, I’emozione fino alle lacrime degli “amici italiani” di fronte a paesaggi rimasti immutati, alla chiesetta costruita pezzo per pezzo, agli oggetti lavorati a mano tanto tempo prima e ora conservati nel museo. Poi sono ripartiti; lasciando le loro firme di visitatori un po’ speciali sul librone degli ospiti nell’ Italian Chapel. Otto autografi, e fra questi quello di Ugo Barucci, da Piombino. Dalla sua casa di Salivoli si vede la sagoma rassicurante dell’isola d’Elba, e i riflessi dorati sulle onde del Tirreno confermano: il mare del Nord è lontano anni luce.
«Abbiamo realizzato un sogno – dice Barucci – una volta l’anno noi ex prigionieri delle Orcadi ci trovavamo, e questo viaggio era un chiodo fisso. Anche per Domenico Chiocchetti, I'artista che ha dipinto la cappella. Ma lui ha ottantadue anni e problemi di cuore, non ce l’ha fatta a viaggiare; è venuta sua figlia, e ha detto agli Orcadiani che suo padre è orgoglioso di lasciargli in eredita la sua opera. Chiocchetti è di Moena, un artista vero, ha fatto tanti quadri anche nelle chiese delle Dolomiti».
La cappella affrescata, i soldati italiani, l’isola dove tornare dopo mezzo secolo a caccia del fantasma della gioventù: qualcuno, con un po’ di fantasia potrebbe anche farci un film. E magari vincere l’Oscar...
«Più che un film, la mia è stata un’odissea, iniziata quando avevo ventun anni, e conclusa quando ne avevo già ventisette. Sono stato fatto prigioniero l’undici dicembre del 1940 vicino a Sidi el Barrani, in Nord Africa. Eravamo accampati dopo la prima avanzata oltre il confine egiziano, e la controffensiva ci colse di sorpresa. Circondati, ci arrendemmo: eravamo migliaia, tutta la divisione Catanzaro di artiglieria. Dieci mesi in Egitto, vicino al Cairo, poi da Suez ci hanno portato in Sudafrica, vicino a Pretoria, dove sono stato due mesi e mezzo. Per andare in Sudafrica siamo stati sulla nave da agosto all’otto gennaio, un viaggio lento e pericoloso con i sommergibili tedeschi in agguato. Nessuno conosceva, la destinazione, chi diceva India, chi Australia. Dal Sudafrica ci trasferirono a Liverpool, dove arrivammo l’otto gennaio del’42, poi a Edimburgo, tre settimane, quindi alle Orcadi, dove siamo rimasti quasi tre anni fino al 1944, infine nelIo Yorkshire, a Skipton. Fui liberato l’otto maggio del 1946».
I tre anni alle Orcadi furono particolarmente duri?
«L’unica cosa davvero terribile è il clima; Quando ci portarono lassù, molti sapevano solo di essere a Nord, solo alcuni avevano un’idea della collocazione geografica di quei posti mai sentiti nominare. Arrivammo in pieno inverno, quando il sole sorge per pochissime ore, e soffia un vento freddissimo che arriva dal Nord; nevica anche, ma è neve leggera, farinosa, e il vento la spazza via, te la appiccica addosso. Per il resto, gli inglesi non ci trattavano male, lavoravamo, avevamo di che mangiare. Mancava solo la libertà. No, il periodo più duro per me è stato un altro; subito dopo la cattura, in Egitto. In questa fase anche moralmente si sentiva che un uomo non era più un uomo, una sensazione dura specie a venti anni. Alle Orcadi. ci dissero subito che dovevamo costruire la strada ” per unire le isole. Lavoravamo otto ore al giorno, io fra l’altro ero in ufficio; avevamo un piccolo stipendio settimanale che si consumava alla cantina che gli inglesi ci avevano allestito, dove passavamo le serate. In ogni camerata eravamo dodici, le condizioni igieniche erano più che decenti, c’era la lavanderia, la cucina, e gestivamo tutto noi. Facevamo diverse attività sportive, sflde di calcio e incontri di altri sport. Mettemmo su anche una compagnia teatrale che portava in scena spettacoli».
Avevate contatti con la popolazione?
«No, solo chi andava in paese a fare la spesa e pochi altri uscivano dal campo. Gli unici civili che vedevamo erano gli specialisti che venivano a dirigere i lavori, e ci davano sigarette e altri generi di conforto. Anche la posta arrivava regolarmente, mentre in precedenza in Italia avevano saputo che ero prigioniero solo dopo dieci mesi. Il problema più grosso nacque quando scoprimmo i veri scopi del nostro lavoro alle barriere. Ci rifiutammo di fare lavori bellici, e gli inglesi punirono il nostro sciopero tenendoci a pane e acqua per quaranta giorni. Fu il periodo più duro. Noi, prevedendo ritorsioni, avevamo messo da parte delle provviste, pane e patate, nascoste nelle intercapedini dei capannoni dove dormivamo; ma gli inglesi trovarono alcune patate, quindi scoprirono tutti i nascondigli, e rimanemmo fregati. Poi cambiò il comandante e il nuovo si dimostrò più comprensivo, ci garantì che il nostro lavoro era di pubblica utilità, ci promise delle migliorie. E noi eravamo stremati. Lo sciopero finì tornammo al lavoro ma alcuni continuavano a protestare. Arrivò l’otto settembre».
Come sapeste ciò che succedeva in Italia?
«Io avevo la radio e fui il primo, forse anche prima che in Italia, a sapere che Mussolini era caduto. Detti la notizia ai miei compagni. Alcuni non volevano crederci, altri piangevano, con le mani nei capelli. Gli inglesi vennero a chiederci chi era disposto a collaborare. La metà di noi decise di collaborare, gli altri no, e gli inglesi furono costretti a dividerci perché nelle camerate erano botte. Il comandante del campo ci radunò allora in un teatro, e ci fece sfilare davanti a due porte, imponendoci una scelta definitiva. Chi collaborava doveva entrare nella prima porta, gli altri nella seconda. Noi restammo alle isole, gli ‘irriducibili’ furono mandati in campi di punizione in Inghilterra e non li abbiamo più rivisti. La collaborazione consisteva solo nel lavoro , in cambio avemmo un trattamento migliore. Ci dettero una divisa da prigionieri, simile a quella degli inglesi, con scritto Italy sulle spalline».
Come nacque l’idea della chiesetta?
«Il cappellano diceva messa nelle baracche. Noi proponemmo di adibirne una esclusivamente a quello scopo. Il comandante non fece obiezioni, “Purché facciate il vostro dovere si può fare tutto”. Per lo più la chiesetta è fatta con roba trovata a bordo delle vecchie navi, quelle tedesche della prima guerra. Alcuni di noi, scortati dagli inglesi, entravano nei relitti e prendevano ciò che serviva: legnami, pezzi metallici, fili della luce. Fu allora che si fece avanti Chiocchetti. Ha dipinto tutto lui, da solo. Quando andammo via, ci dispiacque lasciare la nostra cappella. Ma il lavoro alle barriere finì,e il comandante ci informò dell’imminente trasferimento a Sud, nello Yorkshire. Avevamo passato quasi tre anni sull’isola. In Inghilterra le cose comunque migliorarono, avevamo più libertà, potevamo allontanarci, non troppo però, e rientrare entro le ventidue. Ci vedevamo anche con le ragazze del posto, alcuni si sono sposati e sono rimasti là. L’ otto maggio del 1946 ci liberarono, tornammo in nave, ci sbarcarono a Napoli».
Come fu il rientro?
«L’Italia era a pezzi per i sei anni di prigionia ci dettero diecimila lire. lo pensai che mi avessero dato una bella cifra: prima di partire dieci lire era la paga di una giornata di lavoro di un operaio. Andai in un gabinetto pubblico, e dovetti pagare: dieci lire. Capii che con quei soldi ci sarei arrivato appena a casa. Poi è ricominciata la vita, mi sono sposato, ho fatto il muratore, adesso sono in pensione. E per i sei anni di prigionia non ho più avuto neanche una lira».
Dopo quasi cinquant’anni, il ritorno alle Orcadi...
«Già, nessuno di noi era mai tornato; solo Chiocchetti nel ’62 era andato a restaurare la chiesa Ci hanno fatto grandi feste, prima a Edimburgo, col console che ci è venuto a prendere e tutta la comunità italiana. Poi alle Orcadi, dove hanno pensato a tutto quelli del comitato inglese per la preservazione della chiesetta. Sono stati sette giorni incredibili, tante feste, pranzi, ricevimenti, gente commossa che ci veniva a stringere. le mani. Due anziane donne si sono avvicinate e mi hanno chiesto notizie di due italiani, io però non li ho più rivisti. Se ne sono andate dispiaciute. Gran parte delle isole le avevo visto solo di sfuggita. Il momento più bello, ma anche quello più duro, è stato quando abbiamo passato la collina che dà sulla chiesetta: su quello scoglio ho passato tre anni della mia vita, in terra ci sono ancora le tracce della baracca dove ho dormito per tanti mesi, e tutto e rimasto come nel 1944, il tempo sembra essersi fermato. Le lacrime mi cadevano da sole».
La voce si spezza in un silenzio dove giocano tristezza e nostalgia poi Barucci conclude: «Si, sono posti che mi hanno lasciato dentro qualcosa; io però gli ho lasciato di più: i migliori anni della mia vita, la mia gioventù».
Piombino, Luglio 1992
Dal blog "L'arte di realizzare l'impossibile"- http://www.artedirealizzarelimpossibile.com/blog
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